sabato 15 marzo 2008

La distruzione cattolica del paganesimo

Versione 1.0

La storiografia, prodiga di ricerche e pubblicazioni in settori e temi finanziati da sponsor premurosi, è piuttosto avara in campi imbarazzanti come la scomparsa del paganesimo sotto i colpi della chiesa cattolica trionfante. È anche vero che la maggior parte delle fonti sono state distrutte e le tracce del delitto fatte scomparire. Esistono tuttavia fonti indirette che ci fanno capire ed intuire cosa è successo e come in realtà siano andate le cose. In Deschner si trovano descritti alcuni momenti, poche pagine al capitolo 59 (pp. 399-403), specificamente dedicato alla “Distruzione del paganesimo”, da cui trarremo qualche estratto e soprattutto indicazioni bibliografiche per approfondire questo tema per noi di particolare interesse in quanto pienamente convinti che il passaggio dal paganesimo non sia stato un progresso ma un regresso storico. È vero che il cattolicesimo sia un sincretismo dove sono confluiti tanti elementi del paganesimo, o meglio della religione originario greco-romana, ma a scapito dell’autenticità e dell’ispirazione originaria di forme religiose che proprio perché prospere in regime politeistico erano prive di quell’intolleranza che porterà infiniti lutti e tragedie nella storia bimillenaria del cristianesimo in generale e del cattolicesimo in particolare.

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sabato 8 marzo 2008

Antisemitismo cristiano e antisemitismo nazista

Versione 1.0

Parlando del nazismo, è abituale soffermarsi acriticamente su alcune sue caratteristiche. Una di queste è la responsabilità della guerra mondiale ed in particolare la teoria della guerra preventiva. Di recente, questa teoria è stata fatta propria ed applicata dal presidente americavo Bush. Per aver constatato ciò, una ministra tedesca è stata costretta alle dimissioni. L’altra caratteristica è l’antisemitismo, che occorre distinguere in tre momenti: discriminazione, persecuzione, sterminio. La tesi ufficiale, imposta per legge, è che sia esistito anche il terzo momento: lo sterminio mediante camere a gas. Esistono ricercatori che contestano la tesi dello sterminio, mentre certamente non negano l’esistenza di una discriminazione ed una persecuzione di cittadini ebrei. Il problema che qui intendiamo affrontare è il rapporto fra antisemitismo cristiano ed antisemitismo nazista. Riporto al riguardo un ampio brano di Deschner:
«…è lecito porsi la domanda: lo sterminio hitleriano degli Ebrei sarebbe stato possibile senza la costante attività agitatoria precedente della Chiesa contro gli Ebrei, durata oltre 1500 anni? Lo studioso cristiano F. W. Foerster (in una pubblicazione della casa editrice Herder) vede in Hitler “un prodotto diretto” di quell’antisemitismo cristiano, quale fu rappresentato dai cristiano-sociali austriaci... Del clero austriaco degli anni Trenta si potè scrivere che spesso non si distinse dalla propaganda nazista…: il vescovo di Linz Gfölner, per esempio, in una lettera pastorale del 21 gennaio del 1933 tuonò contro il “giudaismo pervertito”, lamentando il suo “influsso dannoso si quasi tutti gli ambiti della vita culturale moderna”, e facendo della lotta contro di esso “uno stretto dovere di coscienza per ogni cristiano convinto”; esortò inoltre a creare una diga
“contro tutto il sudiciume e l’immorale torrente di fango che minacciavano di sommergere il mondo, provenienti prevalentemente dal Giudaismo“.
Quando i Nazisti scatenarono l’antisemitismo con le parole e gli scritti, ci si ricordò che la Chiesa cristiana aveva nutrito fin dalla sua nascita l’odio contro gli Ebrei in innumerevoli trattati, prediche, epistole pontificie e decisioni conciliari? Quando nel 1938, nella “Notte dei cristalli”, in Germania 191 sinagoghe furono date alle fiamme e altre 76 demolite, ci si ricordò che i primi incendiari di sinagoghe erano stati vescovi e santi della Chiesa cattolica? Quando i Nazisti introdussero la stella di Davide e cominciarono a derubare gli Ebrei, a porli al bando e a gasarli, ci si ricordò che già la cristianità medievale li aveva contrassegnati negli abiti, li aveva privati dei loro averi, li aveva scacciati da molte comunità e paesi, li aveva cacciati nei ghetti e li aveva assassinati a migliaia e migliaia?…» (Deschner, cap. 58, p. 397-98.
Deschner prosegue su questo tono, ma non è adeguatamente sviluppato un punto di vista storico estremamente importante per la storia del XX secolo. Si è infatti trovato nel nazismo – di cui è dubbia la “gasazione” di ebrei, come invece Deschner recepisce acriticamente – il capro espiatorio di un fenomeno molto ma molto più antico e senza il cui precedente cattolico non sarebbe mai stato possibile. Gli equilibri politici del presente, del nostro presente, conducono spesso all’accreditamento ed all’ufficializzazione di tesi interpretative che tornano comodi per la conservazione dello status quo. Isolati pensatori e studiosi, amanti della verità e scevri da considerazioni politiche, svelano a pochi desiderosi di sapere quanto risulta chiaro ai loro occhi. In epoche passate, ad esempio ai tempi di Giordano Bruno e di Galileo Galilei, sappiamo quale sia stata la loro sorte. Oggi le cose sono un poco diverse, ma cambia soltanto la forma della repressione, non la repressione stessa. Che poi le vittime non fossero migliori dei loro carnefici e che l’antisemitismo abbia avuto nella storia cause non esclusivamente religiose ed ecclesiasiali, è altro discorso che faremo in diverso momento.
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Barnaba e gli Ebrei

Versione 1.1

La letteratura specialistica è per lo più concentrata sull’autenticità o meno dell’attribuzione a Barnaba della Lettera e quindi del suo carattere canonico. A noi la questione interessa meno. Nessuno potrà dubitare che sia in ogni caso un documento significativo dell’antiebreismo del cristianesimo primitivo. È mia opinione che in uno studio del fenomeno si debba indagare principalmente il retroterra cristiano in generale e cattolico in particolare. Credo che si sia troppo calcato la mano sull’antisemitismo nazista, quale forma storica più grave di intolleranza, cercando di occultare il ruolo del cattolicesimo. Che poi l’ebraismo avesse sue peculiari ragioni per rendersi odioso alla quasi totalità dei popoli con i quali è venuto in contatto, ancora prima della nascita di Cristo, è cosa che non staremo ora ad indagare. Segue un brano introduttivo tratto da Deschner, quindi il testo di Barnaba tradotto in italiano, e con il tempo vengono raccolti tutti i links e la documentazione possibile sull’argomento, sia essa favorevole o contraria al nostro assunto.

Ecco cosa dice Karlheinz Deschner, nostro autore di riferimento:
«Composta in Siria intorno al 130 e tenuta in gran conto dalla Chiesa antica, anzi, annoverata fra le Sacre Scritture da Clemente Alessandrino e da Origene, la lettera è certamente lo scritto più duramente antiebraico del primo Cristianesimo. Se il Vangelo di Giovanni concede agli Ebrei, perlomeno per il passato, un rapporto più intimo con Dio, l’Autore dell’Epistola di Barnaba non riconosce loro nessuna alleanza con Dio: essi sono “indegni di riceverlo a causa dei loro peccati”. Al contrario, il figlio di Dio comparve non da ultimo “perché colmasse la misura dei peccati di coloro che già avevano perseguitato fino alla morte i loro profeti” (6);
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Di seguito è ripostato il testo integrale della lettera di Barnaba, che abbiamo trovato nel sito ansdt: Abbazia Nostra Signora della Trinità, dove la Lettera è preceduta da una breve devota introduzione alla quale si rinvia. L’iconografia che riusciremo a trovare è nostra. Il sito è di aspetto gradevole e ben fatto fatto. Viene da noi incluso nei nostri links.

Lettera di Barnaba



Il saluto

Figli e figlie, nel nome del Signore che ci ha amati, vi saluto nella pace. Grandi e ricchi sono i decreti di Dio su di voi. Al di sopra di ogni cosa mi rallegro immensamente per le vostre anime beate e gloriose. Avete ricevuto la grazia del dono spirituale che si è così radicata in voi. Perciò ancor di più mi rallegro nella speranza di essere salvato perché vedo veramente che lo spirito della sorgente abbondante si è diffuso su di voi. Mi ha veramente colpito la vostra visita da me desiderata. Sono convinto e persuaso intimamente di ciò perché ho parlato molto con voi. Il Signore ha camminato con me nella via della giustizia e mi sento spinto anch'io a questo, ad amarvi, cioè, più della mia stessa anima. Una grande fede e amore abitano in voi nella speranza della vita. Considerando, dunque, che se mi preoccupo di parteciparvi ciò che ho ricevuto avrò ricompensa per il ministero prestato, mi sono premurato di mandarvi una breve lettera perché voi oltre la fede possiate avere una precisa conoscenza. Tre sono i precetti del Signore: speranza di vita, inizio e fine della nostra fede; giustizia, inizio e fine del giudizio; carità, testimonianza di gioia e di letizia delle opere compiute nella giustizia. Il Signore mediante i profeti ha fatto conoscere le cose passate e le presenti facendoci assaporare le future. Noi, vedendo che si realizzano una ad una le cose, come egli aveva detto, dobbiamo progredire nel suo timore nella forma più generosa e più elevata. Non come un maestro, ma come uno di voi, vi spiegherò poche cose per le quali potrete rallegrarvi nelle attuali circostanze.

I sacrifici giudaici

Mentre i giorni sono duri e chi esercita il potere è attivo, noi dobbiamo per il nostro vantaggio cercare i decreti del Signore. Il timore e la pazienza sono i difensori della nostra fede, la magnanimità e la continenza sono i nostri alleati. Rimanendo santamente presso il Signore tali cose, si rallegrano la sapienza, l’intelligenza, la scienza e la conoscenza. Mediante tutti i profeti il Signore ci ha dimostrato che non ha bisogno né di sacrifici, né di olocausti, né di offerte. Egli disse: “A che la quantità dei vostri sacrifici? Ne ho abbastanza di olocausti e non voglio grasso di agnelli né sangue di tori e di capri e non venite davanti ai miei occhi. Chi ha chiesto ciò dalle vostre mani? Non accostatevi a calpestare il mio atrio. Se mi portate la semola, è inutile. L'incenso è per me un orrore e non sopporto le vostre novene e i vostre sabati". Dunque, ha rifiutato queste cose, perché la nuova legge di nostro Signore Gesù Cristo, che é senza il giogo della necessità, non avesse un sacrificio fatto per l'uomo. Dice ancora loro il Signore: "Non io prescrissi ai vostri padri quando uscirono dalla terra d'Egitto di portarmi olocausti e sacrifici. Questo, invece, comandai loro: Nessuno di voi nel suo cuore serbi rancore contro il prossimo ed ami il falso giuramento”.

Dobbiamo comprendere, se non siamo sciocchi, il disegno della bontà del Padre nostro perché ci parla. Vuole che noi cerchiamo il modo di avvicinarci a lui, senza cadere egualmente nell'errore di quelli. A noi, dunque, dice così: “Il sacrificio al Signore è un cuore contrito, profumo di soave odore per il Signore è il cuore che glorifica chi l'ha creato”. Dunque, fratelli, dobbiamo avere cura della nostra salvezza, perché il maligno, introducendo in noi l'errore, non ci scagli lontano dalla nostra vita.

Il digiuno

Di nuovo sull'argomento dice loro: “Perché digiunate per me, - dice il Signore - se oggi si ode nel litigio la vostra voce? non è questo il digiuno che voglio, - dice il Signore - né che l'uomo umili la sua anima. Neanche se piegaste il vostro collo come un cerchio e vi vestiste di sacco e vi distendeste sopra la cenere, non è questo che chiamerete digiuno gradito”. A noi dice: “Ecco il digiuno che ho scelto, dice il Signore: sciogli ogni nodo di iniquità, sciogli i lacci di contratti forzati, rimetti in libertà gli oppressi e straccia ogni patto ingiusto. Spezza il tuo pane agli affamati e se vedi l'ignudo, coprilo; accogli nella tua casa i senza tetto e se vedi un povero non guardarlo dall'alto, e non allontanarti dai parenti del tuo sangue. Allora la tua luce spunterà come l'aurora, le tue vesti subito risplenderanno, camminerà la giustizia davanti a te e ti circonderà la gloria di Dio”. Allora griderai e Dio ti ascolterà e mentre tu parli ti dirà: Eccomi, se tu allontani ogni cospirazione, le mani alzate (per la testimonianza), la parola di mormorazione, dai col cuore il pane all'affamato e hai misericordia di un'anima affranta”. Prevedendo questo, o fratelli, (Egli che è) misericordioso ci ha manifestato tutte le cose in anticipo, perché il popolo che egli preparò credesse nel suo diletto con sincerità e noi non ci infrangessimo come proseliti contro la loro legge.

Gli ultimi tempi

Bisogna che consideriamo con attenzione gli avvenimenti presenti e cerchiamo ciò che può salvarci. Fuggiamo decisamente ogni opera di iniquità per non esserne travolti. Odiamo l'errore del presente per essere amati nel futuro. Non diamo alla nostra anima la libertà di correre con i peccatori e gli scellerati, per non diventare simili a loro. È vicino il grande scandalo di cui sta scritto secondo Enoch: “Per questo il Signore ha abbreviato i tempi e i giorni affinché il suo prediletto si affrettasse a giungere all'eredità”. Così dice anche il profeta: “Dieci regni domineranno sulla terra e dopo di essi sorgerà un piccolo re che umilierà tre dei re in una volta”. Del pari sull'argomento dice Daniele: “Vidi la quarta bestia, feroce e forte, più terribile di tutte le bestie del mare e come da essa spuntare dieci corna e da queste un piccolo corno rampollo che con un solo colpo abbatté tre corna grandi”. Dovete comprendere. Inoltre vi chiedo questo come se fossi uno di voi, amandovi particolarmente tutti più della mia anima, (vi chiedo) di badare a voi stessi e di non somigliare a certi che accumulano le colpe dicendo che l'alleanza nostra è nostra. È nostra; ma essi (i giudei) perdettero completamente l'alleanza ricevuta da Mosè. Dice infatti la Scrittura: “E Mosè stette sul monte digiunando per quaranta giorni e quaranta notti e ricevette l'alleanza dal Signore, cioè le tavole di pietra scritte col dito della mano del Signore. Ma quando essi ritornarono agli idoli, la perdettero. Il Signore dice così: “Mosè, Mosè, scendi presto, poiché il tuo popolo che hai condotto fuori dalla terra d'Egitto ha prevaricato”. Mosè comprese e gettò via dalle sue mani le due tavole; la loro alleanza si spezzò affinché quella dell'amato Gesù fosse incisa nel nostro cuore, con la speranza della fede in lui. Volendo dirvi molte cose, non come maestro, ma come si conviene a chi ama, e di non tralasciare nulla di ciò che possediamo, mi affrettai e scrivere come fossi un rifiuto. Stiamo attenti in questi ultimi giorni. Nulla ci gioverà tutto il tempo della vita e della nostra fede se ora, nel momento duro e nell'imminenza degli scandali, non resistiamo come si addice ai figli di Dio.

Perché il diavolo non penetri di nascosto, fuggiamo ogni vanità e detestiamo definitivamente le opere della via cattiva. Non isolatevi ripiegandovi in voi stessi come se già foste giustificati; invece, riunitevi per ricercare l'interesse comune. Infatti dice la Scrittura: “Guai a coloro che si credono intelligenti e saggi ai loro occhi”. Diveniamo spirituali, diveniamo un tempio compiuto per Dio. Per quanto è in noi curiamo il timore di Dio e lottiamo per osservare i suoi comandamenti, per gioire nei suoi giudizi. Il Signore giudicherà il mondo senza preferenze. Ciascuno riceverà nella misura che avrà operato. Se è stato buono, la giustizia camminerà davanti a lui; se fu cattivo, davanti a lui ci sarà il compenso della sua malvagità. Non facciamo che, restando tranquilli come chiamati, ci addormentiamo sui nostri peccati e il principe del male impadronendosi di noi ci allontani dal regno del Signore. Considerate anche questo, fratelli miei: quando vedete che, dopo tanti segni e miracoli avvenuti in Israele, (i giudei) sono stati così abbandonati, stiamo attenti che giammai come è scritto siamo trovati "molti chiamati ma pochi eletti".

La Nuova Alleanza

Per questo il Signore sopportò di consegnare la sua carne alla distruzione perché fossimo santificati con la remissione dei peccati, vale a dire con la effusione del suo sangue. Sia per Israele sia per noi la Scrittura dice di Lui così: “Fu colpito per le nostre iniquità e fu straziato per i nostri peccati e dalla sua lividura fummo guariti; come pecora fu condotto al macello e come agnello muto davanti al tosatore”. Bisogna ringraziare il Signore che ci ha fatto conoscere il passato, ci ha resi edotti del presente e siamo capaci di intuire il futuro. Dice la Scrittura: “Non ingiustamente si tendono le reti agli uccelli”. Ciò significa che giustamente perirà l'uomo che, avendo conosciuto la via della giustizia, prende invece la via delle tenebre. Ancora questo, fratelli miei: se il Signore volle patire per la nostra anima, perché, egli che è il Signore di tutto il mondo - al quale Dio dopo la creazione del mondo disse: "Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza" - perché tollerò di patire per mano dell'uomo?

Imparate. I profeti che da lui hanno ricevuto la grazia profeteranno per lui. Egli doveva incarnarsi e soffrire per abolire la morte e per provare la risurrezione dei morti. Per compiere la promessa fatta ai padri, prepararsi un popolo nuovo e dimostrare, stando sulla terra, che egli stesso operando la risurrezione giudicherà. Poi, insegnando e compiendo grandi miracoli e portenti, predicò a Israele che amò immensamente. Quando scelse i suoi apostoli per propagandare il vangelo, li scelse tra quelli che erano più gravati di ogni peccato per dimostrare che "non era venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori". Allora manifestò di essere il Figlio di Dio. Se non fosse venuto nella carne, come gli uomini si sarebbero salvati nel vederlo, se non sono capaci nemmeno di guardare il sole, destinato a scomparire, opera delle Sue mani, e fissare gli occhi nei suoi raggi? Dunque, per questo il Figlio di Dio si incarnò, per il colmo dei peccati di coloro che avevano perseguitato e ucciso i Suoi profeti. Perciò ha patito. Dio dice che la piaga della carne di lui è colpa loro. “Quando colpiranno il proprio pastore allora periranno le pecore del gregge”. Egli stesso volle patire così; bisognava che patisse su di un legno. Dice il profeta di lui: “Risparmia l'anima mia dalla spada” e: “Trafiggi con chiodi le mie carni, perché le turbe dei malvagi si sono a me ribellate”. E ancora: “Ecco, ho offerto le mie spalle ai flagelli e le mie guance agli schiaffi: ho reso il mio volto come dura pietra ”.

Vittoria di Cristo

Del tempo in cui venne a compiere la sua missione, (la Scrittura) che cosa dice? “Chi è che mi giudica? Si presenti davanti a me. Chi vuole giustificarsi davanti a me? Si avvicini al servo del Signore. Guai a voi perché tutti invecchierete come un vestito e il tarlo vi corroderà”. E di nuovo il profeta parla, poiché (Gesù) come dura pietra fu posto per schiacciare: “Ecco, io introdurrò nei fondamenti di Sion una pietra preziosa, scelta, angolare e di gran pregio”. Poi che dice? “E chi crede in essa vivrà in eterno”. Sulla pietra è la nostra speranza? No; ma dice che il Signore ha reso forte la sua carne. Dice, infatti: e "mi pose come dura pietra". Dice ancora il profeta: “La pietra che i costruttori hanno scartata è divenuta testata d'angolo”. E ancora aggiunge: “Questo è il giorno grande e meraviglioso fatto dal Signore ha”. Io, rifiuto della vostra carità, vi scrivo con molta semplicità perché possiate comprendere. Cosa dice ancora il profeta? “Un gruppo di malvagi mi ha circondato, e mi ha avviluppato come le api il favo” e: “Gettarono la sorte sul mio vestito”. Egli doveva manifestarsi e soffrire nella carne, ma la passione fu rivelata in anticipo. Dice il profeta di Israele: “Guai alla loro anima, perché presero un iniquo consiglio contro sé stessi dicendo: Leghiamo il giusto perché ci è molesto“. Che dice loro un altro profeta, Mosè? “Ecco quello che dice il Signore Dio: Entrate nella terra buona che il Signore ha promesso con giuramento ad Abramo, Isacco e Giacobbe e prendetene possesso come vostra eredità: una terra da cui sgorga latte e miele”. Che cosa dice la Sapienza? Apprendete: “Sperate in Gesù che sta per manifestarsi a voi nella carne”. L'uomo è terra che soffre; Adamo fu plasmato dalla terra. Che significa "nella terra buona, terra sgorgante latte e miele"? (Si indica) Nostro Signore benedetto, o fratelli, che ha posto in noi la sapienza e l'intelligenza dei suoi segreti. Il profeta parla del Signore: chi comprenderà la parabola del Signore se non chi è saggio, intelligente ed ama il Signore? Dopo averci rinnovati col perdono dei peccati, ci ha plasmati con un'altra forma, come se avessimo l'anima dei fanciulli, e ci ha di nuovo creati. Di noi parla la Scrittura quando riferisce al Figlio: “Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza, ed essi (gli uomini) dominino sulle fiere della terra, sugli uccelli del cielo, e sui pesci del mare”. Il Signore, vedendo la nostra bella forma, disse: “Crescete e moltiplicatevi e riempite la terra”. Questo per il Figlio. Ti mostrerò, poi, come parla a noi. Negli ultimi tempi fece una seconda creazione. Dice il Signore: “Ecco, io faccio le ultime cose come le prime”. In questo senso parlò il profeta: “Entrate in una terra sgorgante latte e miele e siatene padroni”. Dunque, noi fummo creati una seconda volta, e lo dice (la Scrittura) in un altro profeta: “Ecco, dice il Signore, io toglierò a costoro - cioè a quelli che lo Spirito del Signore ha previsti, - il cuore di pietra e darò loro un cuore di carne”. Egli stesso doveva manifestarsi nella carne e abitare in noi. Fratelli miei, l'abitazione del nostro cuore è per il Signore un tempio santo. Dice di nuovo il Signore: “Dove apparirò dinanzi al Signore mio Dio e dove sarò glorificato?”. E dice: “Lo confesserò a te nell'assemblea dei miei fratelli e canterò te in mezzo all'assemblea dei santi”. Noi siamo coloro che introdusse nella terra buona. Perché, dunque, latte e miele? Perché il bambino cresce nella vita prima col miele, poi con il latte. Così anche noi, vivificati nella fede della promessa e nella parola, crescendo vivremo dominando la terra. Prima ha detto: “Crescano, si moltiplichino e dominino sui pesci”. Chi ora è capace di dominare sulle fiere o sui pesci o sugli uccelli? Dobbiamo avvertire che il dominare è avere il potere, perché uno ordinando padroneggia. Se ciò non avviene ora, ci fu detto quando (avverrà): quando saremo perfetti per essere gli eredi del testamento del Signore.

Prefigurazione del Signore

Considerate, figli della gioia, che il Signore buono ci manifestò in anticipo ogni cosa perché conoscessimo chi dobbiamo sempre ringraziare. Se il Figlio di Dio che è Signore e che dovrà giudicare i vivi e i morti, patì perché la sua piaga ci vivificasse, crediamo che il Figlio di Dio non poteva patire che per noi. Ma posto sulla croce gli fu dato a bere aceto e fiele. Ascoltate come su questo si sono espressi i sacerdoti del tempio. Era scritto il comandamento: “Chi non avrà digiunato nel giorno del digiuno sarà condannato a morte”. Il Signore aveva così ordinato perché anche lui per i nostri peccati avrebbe offerto in sacrificio il suo corpo in modo che si compisse la figura manifestatasi in Isacco offerto sopra l'altare. Che dice nel profeta?

“Mangino la carne del capro offerto durante il digiuno per i peccati di tutti”. Notatelo bene: “E i soli sacerdoti mangino le viscere non lavate con aceto”. Perché? “Perché darete a bere fiele e aceto a me che sto per offrire il mio corpo per i peccati del mio popolo nuovo. Voi soltanto ne mangerete, mentre il popolo digiunerà e si flagellerà nel sacco e nella cenere, per mostrare che per la loro colpa bisogna soffrire. Attenzione a quanto fu ordinato: “Prendete due capri belli e uguali, offriteli, e il sacerdote prenda uno di quelli come olocausto per i peccati”. E dell'altro che faranno? Maledetto, dice, sarà uno. Attenzione a come viene rivelata la figura di Gesù. “E tutti sputate su quello, trafiggetelo e ponete intorno al suo capo la lana rossa, e così sia cacciato nel deserto”. Così è avvenuto. Chi porta il capro lo conduce nel deserto, gli toglie la lana rossa e la pone sopra un cespuglio chiamato rovo, di cui usiamo mangiare i frutti quando li troviamo in campagna; solo i frutti del rovo sono così dolci.

Che significa questo? Attenzione: “L'uno (dei due capri) sarà portato sull'altare, l'altro sarà maledetto”; e perché quello maledetto viene coronato? Perché un giorno lo vedranno con la veste rossa intorno al corpo e diranno: non è colui che abbiamo crocifisso, oltraggiato e sputacchiato? Veramente era lui che allora diceva di essere Figlio di Dio. Come mai è simile all'altro?

Per questo (è scritto) capri simili, belli, uguali, perché quando i malvagi lo vedranno venire, siano colpiti dalla somiglianza del capro. Ecco la figura di Gesù che doveva patire. E perché hanno messo la lana in mezzo alle spine? È la figura di Gesù per la Chiesa. Chiunque voglia prendere la lana rossa bisogna che patisca molto per la paura delle spine e dolorante potrà prenderla. “Così, - dice - quelli che desiderano vedermi e raggiungere il mio regno devono seguirmi nelle tribolazioni e nelle sofferenze”.

Il sacrificio della giovenca

Quale figura pensate che si rappresenti, quando ad Israele fu ordinato che gli uomini imputabili di colpe gravissime offrissero una giovenca, la sgozzassero e la bruciassero? Inoltre, che i fanciulli ne raccogliessero le ceneri, le ponessero in vasi e legassero intorno al legno la lana rossa (di nuovo l'immagine della croce e la lana rossa) e l'issopo, e che con esso i fanciulli aspergessero uno ad uno tutto il popolo perché sia purificato dai suoi peccati? Considerate la semplicità con cui vi parla. La giovenca è Gesù; i peccatori che la offrono sono coloro che lo condussero al sacrificio. Basta con questi uomini, basta con la gloria dei peccatori!

I fanciulli che aspergono sono quelli che ci hanno annunziato la remissione dei peccati e la purificazione del cuore. Ad essi fu conferita la facoltà di predicare il vangelo, e sono dodici a testimonianza delle tribù, poiché dodici erano le tribù di Israele. Perché sono tre i fanciulli che aspergono? Per testimonianza ad Abramo, Isacco e Giacobbe, grandi presso Dio. Perché la lana sul legno? Perché il regno di Gesù è sul legno e chi spera in lui vivrà in eterno. Perché insieme la lana e l'issopo? Perché durante il suo regno vi saranno giorni tristi e torbidi, durante i quali noi saremo salvati. Chi soffre nella carne viene curato dalla corteccia dell'issopo. Questi fatti appaiono chiari a noi, invece sono oscuri per quelli che non hanno ascoltato la voce del Signore.

La circoncisione dell'udito

A proposito degli orecchi dice come ha circonciso il nostro cuore. Parla il Signore nel profeta: “Mi hanno ubbidito con il loro orecchio”, e dice ancora: “Con l'udito ascolteranno i lontani e conosceranno le mie opere”; e “circoncidete i vostri orecchi”, aggiunge il Signore. E ancora: “Ascolta, Israele, queste cose dice il Signore Dio tuo”. “Chi è colui che vuol vivere in eterno? Ascolti con attenzione la voce del mio figlio”. E ancora: “Ascolta, o cielo, e tu, o terra, porgi l'orecchio, poiché il Signore disse questo a testimonianza per voi”. E ancora: “Udite la parola del Signore, voi principi di questo popolo”. E ancora: “Ascoltate o figli la voce di colui che grida nel deserto”. Dunque, ha circonciso i nostri orecchi, perché, ascoltando la parola, noi crediamo.

Invece, viene abolita la circoncisione in cui essi hanno posto fiducia. (Il Signore) aveva parlato di una circoncisione da non fare nella carne. Ma essi trasgredirono, perché l'ingannò un angelo cattivo. Riferisce loro: “Questo dice il Signore Dio nostro” (qui trovo il precetto): “Non seminate tra le spine, ma circoncidetevi per il Signore vostro”. Che cosa poi aggiunge? “Circoncidete la durezza del vostro cuore”. E ancora: “Ecco, dice il Signore, tutti i popoli gentili sono circoncisi nel prepuzio, questo popolo è incirconciso nel cuore”. Ma tu dirai: “Il popolo si circoncide per un sigillo”. Però si circoncidono ogni siro e ogni arabo e tutti i sacerdoti degli idoli. Dunque, appartengono all'alleanza. Anche gli egizi sono circoncisi. Apprendete, figli dell'amore, più particolareggiatamente queste cose. Abramo, praticando per primo la circoncisione, prevedeva nello spirito Gesù, conoscendo i simboli delle tre lettere. (La Scrittura) infatti, dice: “Abramo circoncise trecentodiciotto uomini della sua casa”. Quale era il significato a lui rivelato? Lo comprendete perché dice prima diciotto e, fatta una separazione, aggiunge trecento. Diciotto si indica con iota = dieci ed eta = otto. Hai Gesù. Poiché la croce è raffigurata nel tau che doveva comportare la grazia, aggiunge anche trecento. Indica Gesù nelle due prime lettere e la croce nell'altra. Chi ha posto in noi il dono della sua dottrina lo sa. Nessuno ha imparato da me parola più sincera, ma so che voi ne siete degni.

Le carni proibite

Mosè nel dire: “Non mangiate né maiale, né aquila, né sparviero, né corvo, né pesci che non abbiano squame” aveva in mente tre precetti. Infine dice loro nel Deuteronomio: “Comunicherò al mio popolo le mie decisioni”. Dunque, non è precetto divino il non mangiare, e Mosè parlava nello spirito. Quanto alla carne di maiale è da intendere: non unirti agli uomini che sono tali da rassomigliare ai porci. Quando gozzovigliano si dimenticano del Signore, quando, invece, hanno bisogno si ricordano di lui. Proprio come il maiale che quando mangia non conosce il padrone, quando poi ha fame grugnisce, e smette se riceve. “Non mangerai l'aquila, né lo sparviero, né il nibbio, né il corvo” significa: non unirti, né essere simile a uomini tali che non sanno procurarsi il cibo con la fatica e il sudore, ma rubano iniquamente la roba d'altri e stanno spiando mentre sembrano camminare con aria innocente e osservano chi spogliare per cupidigia. Sono come questi uccelli, i soli che non si procurano il nutrimento, ma oziosi, appollaiati, cercano di divorare la carne altrui, pestiferi per la loro malvagità. Inoltre: “Non mangerai né murena, né polipo, né seppia”. Significa: non sarai simile, né ti unirai agli uomini che sino alla fine sono empi e vengono giudicati per la morte, come questi pesci, i soli che nuotano nelle profondità e non emergono come gli altri, ma vivono nei fondali giù nell'abisso. Ma anche: “Non mangerai la lepre”. Come mai? Vuol dire di non farti corruttore, né simile ad essi, perché la lepre ogni anno cambia sesso. Quanti anni vive, tanti fori ha. “Non mangiare la iena”: significa non diventare adultero né seduttore né simile ad essi. Perché? Questo animale cambia natura e diventa ora maschio ora femmina. Ha detestato a ragione anche la faina. E significa che non devi essere di quelli che sappiamo commettere impurità con la bocca, né unirti alle donne perverse che commettono tali impurità. Questo animale, invero, concepisce con la bocca. Mosè, avendo ricevuto tre precetti sui cibi, parlò in senso spirituale. Quelli, invece, li ricevettero secondo la passione della carne, nel senso materiale di alimento. David comprese il senso dei tre comandamenti e dice similmente: “Beato l'uomo che non ha camminato nel consiglio degli empi”, come i pesci che camminano nell'oscurità degli abissi, e non si ferma nella via dei peccatori, come coloro che mostrano di temere il Signore e poi peccano come il maiale, e non si è seduto sulla cattedra delle pestilenze, come i volatili appollaiati per la rapina. Avete il significato pieno sul nutrimento. Mosè dice pure: “Nutritevi di ogni animale che ha il piede diviso e che rumina”. Perché lo dice?: (è l'animale) che quando prende il cibo conosce chi lo nutre e quando riposa sembra che gioisca in lui. Disse bene guardando al precetto. Cosa dice dunque? Siate uniti a quelli che temono il Signore, a quelli che meditano nel cuore il senso esatto della parola che hanno appreso, che parlano dei comandamenti del Signore e li osservano, che sanno che la meditazione è di letizia e che ruminano la parola del Signore. Quale il senso del piede diviso? Che il giusto cammina in questo mondo e aspetta la beata eternità. Considerate come ebbe a legiferare saggiamente Mosè. Ma come è possibile per loro cogliere e penetrare tutto ciò? Noi, avendo capito esattamente i precetti, li esprimiamo come ha inteso il Signore. Per questo ha circonciso i nostri orecchi e i nostri cuori, perché comprendessimo queste cose.

L'acqua

Indaghiamo se il Signore ebbe intenzione di parlare in anticipo dell'acqua (battesimale) e della croce. In quanto all'acqua è scritto che Israele non avrebbe ricevuto il battesimo che porta alla remissione dei peccati, ma ne avrebbe costituito uno per sé. Dice, infatti, il profeta: “Stupisci, o cielo, e ancora di più tremi la terra, perché questo popolo commise due delitti: abbandonò me fonte di vita e si scavò una cisterna di morte”. “Non è pietra arida il sacro monte di Sion. Voi sarete come gli uccellini che volano privati del nido”. Ancora dice il profeta: “Io camminerò davanti a te, spianerò i monti, spezzerò le porte di bronzo, romperò le sbarre di ferro e ti darò tesori segreti, nascosti, invisibili, perché riconoscano che io sono il Signore Dio. Abiterai in un'alta caverna di roccia forte e la sua acqua è certa. Vedrete il re nella gloria e la vostra anima mediterà il timore del Signore”.

Ancora in un altro profeta dice: “Chi agisce così sarà come un albero piantato lungo i corsi d'acqua e che darà frutto a suo tempo e le sue fogli non cadranno mai. Riusciranno tutte le sue opere. Non così, non così gli empi, ma come pula che il vento disperde dalla faccia della terra. Per questo gli empi non si alzeranno nel giudizio, né i peccatori nell'assemblea dei giusti, perché il Signore conosce la via dei giusti e la via degli empi andrà in rovina”. Notate che ha designato nel contempo l'acqua e la croce.

Egli vuol significare questo: beati coloro che, avendo sperato nella croce, scesero nell'acqua, e indica la mercede con "a suo tempo". Allora, promette, darò. Per il presente dice che le foglie non cadranno, a significare che ogni parola che uscirà dalla loro bocca nella fede e nell'amore, sarà per la conversione e la speranza di molti. E di nuovo un altro profeta dice: “E la terra di Giacobbe era celebrata sopra ogni terra”, per dimostrare che Dio glorifica il vaso del suo spirito. Poi, che dice? “E vi era un fiume che scorreva da oriente e dal quale si alzavano alberi fiorenti; chiunque mangerà dei loro frutti vivrà in eterno”. Questo significa che noi discendiamo nell'acqua pieni di peccati e di lordura e ne risaliamo portando il frutto nel cuore, avendo nello spirito il timore e la speranza in Gesù. “E chi mangerà di essi vivrà in eterno” vuol dire: chiunque ascolterà queste parole e crederà, vivrà in eterno.

La croce

Ugualmente riparla della croce in un altro profeta: “E quando tali cose si compiranno?”. Dice il Signore: “Quando il legno sarà steso a terra e poi risollevato, e quando dal legno il sangue stillerà”. Ecco ancora che si parla della croce e di chi doveva essere crocifisso. (Il Signore) parla un'altra volta a Mosè, quando Israele combatteva contro i nemici, per ammonirli, mentre erano in guerra, che per i loro peccati erano stati consegnati alla morte. Lo Spirito parla al cuore di Mosè di rappresentare la figura della croce e di chi avrebbe dovuto patire (su di essa), per significare che se non crederanno in Lui saranno in guerra eterna. Mosè in mezzo al combattimento ammucchiò armi su armi, e postosi più in alto di tutti distese le braccia, e così Israele vinceva nuovamente. Quando le abbassava, di nuovo venivano uccisi. Perché? Perché sapessero che non si potevano salvare, se non sperando in Lui. Ancora, dice in un altro profeta: “Per tutto il giorno ho steso le mie braccia verso un popolo disubbidiente e che si oppone al mio retto cammino”. Ancora una volta mentre Israele soccombeva, Mosè rappresenta la figura di Gesù, perché Egli doveva patire e proprio quello che credevano morto sulla croce avrebbe dato la vita. Il Signore fece che ogni sorta di serpenti li mordesse e morivano (invero la prevaricazione di Eva avvenne per mezzo del serpente), per convincerli che a causa della loro prevaricazione erano stati consegnati alla tortura della morte. Del resto lo stesso Mosè aveva ordinato: “Nessun oggetto fuso o scolpito sarà vostro dio”, ma egli ne compose uno per mostrare la figura di Gesù. Mosè fece un serpente di bronzo, lo innalzò solennemente e chiamò con un bando il popolo. Quando convennero allo stesso luogo pregarono Mosè che facesse una preghiera per la loro guarigione. Disse loro Mosè: “Quando uno di voi viene morsicato, venga vicino al serpente che è sopra il legno e speri credendo che, pur essendo morto, può dare la vita e subito sarà salvato”. E così fecero. Hai di nuovo anche in ciò la gloria di Gesù, poiché ogni cosa è per lui e in lui. Che cosa dice ancora Mosè di Gesù figlio di Nave, che era profeta, dopo che egli gli ebbe imposto il nome, solo perché tutto il popolo ascoltasse che il Padre rivela ogni cosa intorno al Figlio suo Gesù? Dice Mosè intorno a Gesù figlio di Nave, appena gli diede questo nome e lo mandò quale esploratore della regione: “Prendi un libro nelle tue mani, e scrivi ciò che il Signore dice, e cioè che il Figlio di Dio negli ultimi giorni taglierà dalle radici tutta la casa di Amalech”. Ecco, di nuovo Gesù, non figlio dell'uomo, ma Figlio di Dio, apparso in figura nella carne. Poiché avrebbero detto che Cristo è figlio di David, lo stesso David temendo e prevedendo l'errore dei peccatori, profetizza: “Disse il Signore al mio Signore: siedi alla mia destra finché io ponga i tuoi nemici come sgabello dei tuoi piedi”. Ancora Isaia dice così: “Disse il Signore al Cristo mio Signore, del quale io presi la destra: lo ascoltino le genti, ed io distruggerò il potere dei re”. Vedi come David lo chiama Signore e non lo chiama figlio.

I due popoli

Vediamo se eredita questo popolo o il primo e se l'alleanza è per noi o per loro. Ascoltate dunque che cosa dice la Scrittura del popolo: “Isacco pregava per la moglie Rebecca perché era sterile. Essa concepì”. E poi: “Rebecca uscì per interrogare il Signore, e il Signore le disse: Due nazioni sono nel tuo ventre e due popoli nel tuo cuore, e un popolo vincerà l'altro e il maggiore servirà il minore”. Bisogna comprendere chi è Isacco e chi è Rebecca e per chi ha mostrato che questo popolo è più grande dell'altro. E in un'altra profezia Giacobbe parla più chiaramente a Giuseppe suo figlio: “Ecco, il Signore non mi privò della tua presenza: conduci a me i tuoi figli perché li benedirò”. E condusse Efraim e Manasse, volendo che fosse benedetto Manasse che era più vecchio; Giuseppe l'aveva condotto alla destra del padre Giacobbe che vide nello spirito la figura del popolo futuro. E cosa dice? “E Giacobbe incrociò le mani e pose la destra sulla testa di Efraim, il secondo e più giovane, e lo benedisse. E Giuseppe parlò a Giacobbe: "Porta la tua destra sul capo di Manasse che è il figlio primogenito". E Giacobbe rispose a Giuseppe: "Lo so, figlio, lo so, ma il maggiore servirà il minore e questo sarà benedetto”. Vedete per chi fu stabilito che questo è il primo e l'erede dell'alleanza. Se ciò fu ancora ricordato, da Abramo ne abbiamo una conoscenza perfetta. Che cosa dice ad Abramo, che per avere da solo creduto gli fu computato a giustizia? “Ecco, posi te, Abramo, quale padre dei popoli che pur non circoncisi credono in Dio”.

L'alleanza

Certamente. Ma indagando, vediamo se l'alleanza che (Dio) giurò ai padri, la diede effettivamente al popolo. La diede, sì, ma essi per i loro peccati non furono degni di riceverla. Dice il profeta: “E Mosè per quaranta giorni e quaranta notti digiunando rimase sul monte Sinai per ricevere il testamento del Signore per il popolo. E Mosè ricevette dal Signore le due tavole scritte nello spirito dal dito della mano del Signore”. Ricevutele, Mosè le portava al popolo per consegnarle. Il Signore disse a Mosè: “Mosè, Mosè, scendi subito perché il tuo popolo, che portasti dall'Egitto, ha prevaricato. E Mosè comprese che avevano di nuovo fabbricato gli idoli di metallo fuso e gettò a terra con le mani le tavole, e così si spezzarono le tavole dell'alleanza del Signore”. Mosè la ricevette, ma essi non ne furono degni. Sappiate come noi la ricevemmo. Mosè da servitore l'aveva ricevuta, il Signore stesso, invece, la diede a noi, al popolo erede, avendo sofferto per noi. Egli apparve al mondo, perché essi colmassero la misura dei peccati e noi ricevessimo l'alleanza mediante Gesù Signore che è l'erede. Egli si preparò a questo, a manifestarsi per liberare dalle tenebre i nostri cuori consunti e consegnati alla morte dall'iniquità della colpa e stabilire con la parola l'alleanza con noi. Sta scritto infatti che il Padre gli impose di liberarci dalle tenebre e di prepararsi un popolo santo. Dice, dunque, il profeta: “Io sono il Signore Dio tuo, ti ho chiamato nella giustizia e prenderò la tua mano e la fortificherò; ti posi come alleanza per il popolo, come luce delle nazioni, per aprire gli occhi dei ciechi e per liberare i prigionieri dalle catene e dal carcere quelli che sono nelle tenebre”. Conosciamo, dunque, da dove fummo liberati. Ancora il profeta parla: “Ecco, ti ho posto come luce dei popoli per essere la salvezza sino ai confini della terra. Così dice il Signore, il Dio che ti ha liberato”.

Ancora dice il profeta: “Lo Spirito del Signore è sopra di me, perciò mi ha unto per predicare agli umili la grazia e mi ha mandato a risanare quelli che hanno il cuore contrito, per annunziare ai prigionieri la libertà e ai ciechi la vista, a proclamare l'anno accetto al Signore e il giorno della retribuzione, a consolare tutti gli afflitti”.

Il sabato

Inoltre del sabato è scritto nei dieci comandamenti quando (Dio) parlò a Mosè di persona sul monte Sinai: “Santificate il sabato del Signore con mani pure e con cuore puro”. E in un'altra parte dice: “Se i miei figli osserveranno il sabato, allora stenderò la mia misericordia su di loro”. Parla del sabato al principio della creazione: “E Dio fece in sei giorni le opere delle sue mani e le terminò nel settimo giorno e in quello si riposò e lo santificò”. Osservate, o figli, che cosa significa “terminò in sei giorni”.

Questo dice che in seimila anni il Signore compirà ogni cosa. Un giorno, per lui, infatti, vale mille anni. Egli stesso, secondo me, lo testimonia dicendo: “Ecco, un giorno del Signore sarà come mille anni”. Dunque, o figli, in sei giorni, ossia in seimila anni saranno compiute tutte le cose. “E riposò nel settimo giorno” che significa: quando, venuto il Figlio suo, distruggerà il tempo dell'iniquo e giudicherà gli empi e muterà il sole, la luna e le stelle, allora ben riposerà nel settimo giorno. Poi dice: “Lo santificherai con mani pure e con cuore puro”. Se ci fosse uno che puro di cuore potesse santificare il giorno che Dio ha santificato ci inganneremmo del tutto. Se non ora, lo potremo però noi stessi quando riposando gloriosamente lo santificheremo, giustificati e in possesso della promessa; non ci sarà più l'ingiustizia, poiché tutte le cose sono state rinnovate dal Signore. Allora lo potremo santificare, essendo stati noi prima santificati. Infine, disse loro: “Non gradisco le novene e i sabati”. Vedete come dice: “Non mi sono ora accetti i sabati, ma quello che ho stabilito, nel quale, ponendo fine a tutte le cose, farò il principio dell'ottavo giorno che è l'inizio del nuovo mondo. Per questo passiamo nella gioia l'ottavo giorno in cui Gesù risorse dai morti e manifestatosi salì ai cieli.

Il tempio

Ancora per quanto concerne il tempio, vi dirò che quei miseri, ingannandosi, sperarono in un edificio come se fosse la casa di Dio, e non nel Dio che li aveva creati. Lo hanno quasi relegato in un tempio come i pagani. Ma imparate come parla il Signore per averlo abrogato: “Chi ha misurato il cielo con la spanna o la terra con la mano? Non io, dice il Signore. Il cielo è il mio trono e la terra lo sgabello dei miei piedi. Quale casa potreste edificarmi, o in quale il luogo sarà il mio riposo?”. Vedete come era vana la loro speranza. Inoltre dice: “Ecco quelli che hanno distrutto questo tempio, essi lo edificheranno”. E si avvera. Durante la loro guerra fu distrutto dai nemici. Ora gli stessi servitori dei nemici lo riedificheranno. Era stato ancora preannunziato che la città, il tempio e il popolo di Israele sarebbero stati consegnati (ai nemici). Dice infatti la Scrittura: “E avverrà che negli ultimi giorni il Signore consegnerà alla rovina le greggi del pascolo, l'ovile e la loro torre””. E accadde come aveva detto il Signore. Indaghiamo se esiste il tempio di Dio. Esiste dove egli stesso dice di costruirlo e portarlo a termine.

Infatti sta scritto: “Avverrà che, compiuta la settimana, il tempio glorioso di Dio sarà edificato nel nome del Signore”. Trovo dunque che il tempio c'è. Ora imparate come sarà edificato nel nome del Signore. Prima che noi avessimo creduto in Dio, l'abitacolo del nostro cuore era corruttibile e debole come tempio veramente edificato dalla mano. Era pieno di idolatria ed era la casa dei demoni per l'operare quanto era contrario a Dio. “Sarà edificato nel nome del Signore”: riflettete perché il tempio del Signore sarà gloriosamente edificato. In che modo? Imparate. Ottenuta la remissione dei peccati e sperando nel suo nome siamo divenuti nuovi, rigenerati dal principio. Perciò Dio abita veramente nella nostra dimora, in noi. Come? La sua parola di fede, la chiamata della sua promessa, la sapienza delle sue leggi, i precetti della dottrina ed egli stesso profetizzando in noi, abitando in noi e aprendoci la porta del tempio che è la nostra bocca, e dandoci il pentimento, ci porta da schiavi della morte nel tempio incorruttibile. Chi desidera salvarsi non guarda all'uomo, ma a chi abita e parla in lui, meravigliato di non aver udito chi dice tali parole né di aver desiderato di udirle. Questo è il tempio spirituale edificato dal Signore.

Conclusione della prima parte

Ho spiegato a voi quanto era nella semplicità possibile, e l'anima mia spera di non aver tralasciato nulla. Se vi scrivo delle cose presenti o future, non mi comprenderete perché sono avvolte nell'allegoria.

Le due vie

Basta così. Passiamo ad un'altra conoscenza e dottrina. Due sono le vie dell'insegnamento e della libertà; quella della luce e quella delle tenebre. Grande è la differenza tra queste due vie. Per l'una sono disposti gli angeli di Dio apportatori di luce, per l'altra gli angeli di Satana. L'uno è il Signore dei secoli nei secoli, l'altro è principe di questo tempo di iniquità.

La via della luce

Questa, pertanto, è la via della luce. Se qualcuno vuole pervenire ad un luogo determinato non risparmi le sue fatiche. Questa è l'indicazione dataci per camminare su tale via. Amerai chi ti ha creato, temerai chi ti ha plasmato, glorificherai chi ti ha liberato dalla morte. Sarai semplice di cuore e ricco di spirito e non ti unirai a coloro che camminano sulla strada della morte. Odierai tutto ciò che non piace a Dio ed ogni ipocrisia e non abbandonerai i precetti del Signore. Non ti vanterai, sarai, invece, umile in tutto senza cercare gloria per te. Non adotterai un malvagio proposito contro il tuo prossimo e non darai arroganza alla tua anima. Non fornicherai, non sarai adultero né corromperai i fanciulli. Non esca da te la parola di Dio frequentando i depravati.

Non considerare la persona nel riprendere qualcuno per la caduta. Sarai mansueto, tranquillo e temerai le parole che hai ascoltato. Non avrai rancore contro tuo fratello. Non dubitare se avverrà o non avverrà l'una o l'altra cosa. Non pronunzierai il nome del Signore. Amerai il prossimo tuo più della tua anima. Non ucciderai il bambino con l'aborto e non lo farai morire appena nato. Non allontanare la mano da tuo figlio e da tua figlia, ma dall'infanzia insegnerai loro il timore di Dio. Non essere desideroso dei beni del tuo prossimo, né essere avaro. Non ti legare nell'anima ai superbi, ma frequenterai gli umili e i giusti.

Accetta gli avvenimenti che ti capitano come un bene, sapendo che nulla avviene senza Dio. Non sarai doppio nel pensiero e nella parola; laccio di morte è la doppiezza della parola. Sii sottomesso ai padroni come ad immagine di Dio con rispetto e timore. Non comanderai con asprezza al tuo servo e alla tua serva che sperano nello stesso Dio, perché non abbiano a perdere il timore di Dio che è sugli uni e sugli altri. Egli non venne a chiamare secondo la persona, ma quelli che lo Spirito ebbe a preparare. Renderai comune ogni cosa col tuo prossimo e non dirai che è tua. Se avete in comune ciò che è incorruttibile, quanto più quello che è corruttibile. Non essere loquace, laccio di morte è la bocca. Per quanto potrai, sarai casto per la tua anima. Non avere le mani larghe nel prendere, e strette nel dare. Amerai come la pupilla del tuo occhio chi ti dice la parola di Dio. Giorno e notte ti ricorderai del giudizio. Cercherai sempre di affaticarti con la predicazione andando ad esortare e preoccupandoti di salvare l'anima con la parola, o di lavorare con le mani per espiare le tue colpe. Non esitare nel concedere e non brontolare nel dare e conoscerai chi è il tuo buon rimuneratore. Custodirai ciò che hai ricevuto senza aggiungere e senza togliere. Odierai il male sino alla fine. Giudicherai con giustizia. Non creare divisioni, cerca, invece, la pace riconciliando i contendenti. Confesserai i tuoi peccati e non ti recherai alla preghiera con coscienza agitata.

La via delle tenebre

La via del nero è tortuosa e piena di maledizioni. È la via della morte eterna nel castigo, in cui si hanno le cose che rovinano l'anima: idolatria, arroganza, superbia di potere, ipocrisia, doppiezza di cuore, adulterio, omicidio, rapina, disprezzo, trasgressione, inganno, malizia, alterigia, veneficio, magia, avarizia, mancanza di timore di Dio. coloro che vessano i buoni, odiano la verità, amano la menzogna, non riconoscono il guadagno della giustizia, non aderiscono al bene né al giudizio giusto, non si curano della vedova e dell'orfano, non vegliano per il timore di Dio, ma per il male, e da essi sono assai lontano la mansuetudine e la pazienza, amano la vanità e si procacciano la ricompensa. Sono crudeli verso il povero, indolenti verso il sofferente, facili alla maldicenza, ingrati verso il loro creatore, uccisori dei figli, distruttori del plasma creato da Dio, incuranti del bisogno, oppressori del tribolato, avvocati dei ricchi, giudici cattivi dei poveri, peccatori in tutto.

Conclusione e subscriptio

È bene, dunque, imparare i comandamenti del Signore, quali sono stati scritti per seguirli. Chi fa questo sarà glorificato nel regno di Dio; chi sceglie, invece, le altre cose perirà con le sue opere. Per questo c'è una risurrezione, per questo c'è un premio. Prego voi che siete superiori di accettare un consiglio dalla mia benevolenza. In mezzo a voi avete per chi operare il bene, non trascuratelo. È vicino il giorno in cui periranno tutte le cose con il maligno. “È vicino il Signore e la sua ricompensa”.

Ancora vi chiedo: siate buoni legislatori di voi stessi, rimanete vostri fedeli consiglieri, allontanate da voi ogni ipocrisia. Dio che domina tutto l'universo vi conceda sapienza, intelligenza, scienza, conoscenza dei suoi precetti, costanza. Siate discepoli di Dio cercando che cosa il Signore vuole da voi e operate per trovarvi pronti nel giorno del giudizio. Se vi ricordate del bene, ricordatevi di me quando meditate queste cose, perché il mio zelo e la mia vigilanza portino a qualche vantaggio. Ve lo chiedo come una grazia. Sino a quando il bel vaso è con voi, non trascurate nulla delle cose vostre, ma ricercatele continuamente e adempite ogni precetto. Sono cose degne. Per questo mi sono affrettato a scrivervi quello che potevo per darvi gioia.

Vi saluto, figli dell'amore e della pace. Il Signore della gloria e di ogni carità sia col vostro spirito.

Per amore di equità ed accogliendo le raccomandazioni dello stesso Deschner raccogliamo di seguito tutti i commenti che troviamo in rete sulla Lettera a Barnaba. Sarà divertente ed interessante leggere il modo in cui viene spiegato e giustificato l’evidente antiebraismo del contenuto:

1.
Lettera di Barnaba

(96-98)


La cosiddetta Lettera di Barnaba è un trattato didascalico edificante, scritto in forma epistolare ed è attribuita a Barnaba apostolo, collaboratore di Paolo. Ma a questa attribuzione si oppone un aspro atteggiamento negativo verso l'Antico Testamento contenuto nella Lettera, che mal si concilia col modo di pensare degli apostoli: all'Antico Testamento nella sua figura storica e nel modo come lo intesero gli ebrei viene negata ogni ragione d'essere; le prescrizioni legali sul digiuno, i sacrifici, l'uso dei cibi, la circoncisione, il sabato e il tempio vengono interpretate con un'esegesi allegorica-tipologica in un senso puramente spirituale.

Inoltre la Lettera è certamente di un'epoca posteriore a quella dell'apostolo Barnaba, il quale difficilmente può aver assistito alla distruzione di Gerusalemme (Barn 16,4)(Cfr. K. Bihlmeyer - H. Tuechle, Storia della Chiesa, 1-L'antichità cristiana, Ed. Morcelliana, 1973, 207-208)..

E' abbastanza probabile che l'autore della Lettera di Barnaba sia stato un cristiano non ebreo, probabilmente di Alessandria d'Egitto.

La lettera è stata scritta presumibilmente negli anni 96-98 (Funk), 130-1 (Harnack) o 138 (Lietzmann) (Fonte: Gesù nella lettratura cristiana antica).


2.

mercoledì 5 marzo 2008

L’antiebraismo del cristianesimo antico

Versione 1.0

È usuale quanto impropria l’espressione antisemitismo che non è mai riferita a Babilonesi o Arabi, pure popoli semiti, ma solo agli Ebrei. Dovrebbe perciò dirsi “correttamente” antiebraismo e mai antisemitismo, ma ormai l’uso improprio del termine è così diffuso che è difficile sottrarvisi. L’antisemitismo è divenuto particolarmente malfamato per la sua attribuzione al nazismo, al quale vengono imputate tre diversi capi d’accusa nei confronti di Ebrei: a) discriminazione; b) persecuzione; c) sterminio o genocidio. Mentre non vi sono problemi storiografici per i primi due aspetti – assai frequenti e comuni anche ai nostri giorni –, per il terzo aspetto vi è aspra controversia, risolta “democraticamente” con l’incriminazione penale ed il carcere per quanti sostengo che non vi è mai stato uno sterminio degli ebrei ad opera dei nazisti soprattutto con l’impiego delle camere a gas. Ma è questione aperta non destinata a questo Blog.

È utile però osservare che se il cosiddetto antisemitismo nazista, che si vuole nettamente distinto da quello cattolico, ha un suo carattere essenzialmente razziale (völkisch), anziché religioso o politico, non vi è nessun motivo perché lo si debba limitare ai soli ebrei. Posta la superiorità di una sola razza, quella ariana, lo stesso discorso da un punto di vista nazista dovrebbe valere indistintamente verso tutte le altre razze e popoli della terra. Nutro però forti dubbi che sia questo l’approccio da cui poter partire se si vuol veramente comprendere ciò che storicamente è stato il nazismo, per il quale occorre risalire agli esiti funesti della prima guerra mondiale ed al fallimento di Weimar.

Diverso e più fondato è l’antiebraismo di matrice cristiano-cattolica, pur dovendosi tener presente che:
«L’Antiebraismo esistette anche in età precristiana, benché più per ragioni politiche e religiose che di razza (1): l’esclusivismo totale dell’Ebraismo, ma soprattutto la sua intolleranza religiosa, vennero percepiti subito come odium humani generis e dovettero rendere odiosi gle Ebrei – come in seguito i Cristiani – agli occhi dei Pagani così tolleranti in fatto di religione; infatti, la pretesa ebreo-cristiana, quale viene formulata in modo esemplare nel comandamento “Non avrai altro dio oltre me”, era del tutto estranea alla mentalità dei Pagani» (Deschner, c. 56, p. 380-381).

(1) Leipoldt, Antisemitismus in der alten Welt, passim. Idem, «Antisemitismus», in Reallexikon für Antike und Christentum, I, 1950, 469 sgg., Hyde. 101 sg. Allgeier, 319 sg. Anche H. Schmidt, Die Judenfrage, 20 sgg.
Da un punto di vista terzo, diciamo Pagano, non è chi non veda le maggiori affinità che non le differenze fra Cristiani e Giudei e vi sarebbe di che temere se si sommassero i rispettivi odi verso il mondo non giudeo-cristiano. Quanto agli Ebrei nel corso di tutta la loro storia di “odio” ne hanno avuto e ne hanno da vendere, ma oggi grazie ad una legislazione da paesi sconfitti che ci caratterizza brandiscono un supposto odio verso di loro, meritato o meno che sia, come una vera e propria arma con cui mandare in galera i loro avversari politici, religiosi, culturali. Tempi peggiori non potevamo vivere ed è paradossale dire che forse una liberazione potrà venirci da parte musulmana, la religione meno intollerante fra i tre monoteismi mediterranei.
(segue)

martedì 4 marzo 2008

La Chiesa e la tolleranza

Versione 1.0

Il volume citato di Deschner tratta in una sua sezione il vasto tema della tolleranza nell’ambito della Chiesa cattolica, sia al suo interno sia all’esterno. Non vi è persona di buon senso che non sappia quanto sia arduo conciliare tolleranza e cattolicesimo, anche se i teologi creativi ci hanno dato prova di saper giustificare le cose più assurde ed inconciliabile. Ma noi qui ci muoviamo sul piano dell'argomentazione, della documentazione, della spiegazione pedissequa non inutile davanti a tante intelligenze ottenebrate da una Fede capace di negare ogni evidenza. Deschner apre la sezione “La Chiesa e la tolleranza” con una citazione tratta da Meyer:
Il fanatismo e la persecuzione indiscriminata, che non arretrano davanti a nessuna empietà, contro coloro che la pensano diversamente, in nessuna religione sono diventati e sono rimasti tanto prevalenti quanto nel Cristianesimo, in tutte le sue manifestazioni
(Eduard Meyer, Ursprung und Anfänge, III, 633).
E poi prosegue con queste parole:
«Mentre il politeismo fu tollerante ed esercitò una forma di amichevole collegialità in tutti i suoi culti, il Cristianesimo divenne la religione dell’intolleranza par excellence. Se dell’Islam si può dire che sia teoricamente la religione più intollerante, traticamente invece la più tolerante (R. Tschudi in Bertholet, 486), per il Cristianesimo si può sostenere il contrario»
(Deschner, Il gallo, cit., 380).
Seguono quindi pagine dedicate allo studio del comportamento verso ilo giudaismo, il paganesimo, gli “eretici”, il servizio militare e la guerra. A noi qui interessa in questo post oltre al tema generale ed introduttivo lo specifico raffronto con il politeismo e l’Islam. Raccoglieremo qui testi e links che cercheremo di commentare al nostro meglio.

Links:
1. L’Islam nelle parole di studiosi occidentali. Aldo Santini: «Saranno i Califfi successori di Maometto a creare l’impero islamico. Ma gli eserciti arabi non corsero per il mondo offrendo il dilemma: o l’Islam o la spada. Il Corano protegge gli aderenti alle religioni che hanno dei libri sacri, il Giudaismo ed il Cristianesimo, nell’esercizio della loro religione. Le conquiste musulmane non furono ispirate dal fanatismo, nè segnalate da eccessi sanguinari, per quanto è possibile in guerra. La capitolazione di Gerusalemme nelle mani di Omar, il secondo califfo, nel 632, è in forte contrasto con il bestiale massacro di giudei e di musulmani fatto dai crociati, quando presero la città nel 1099».

(segue)

lunedì 3 marzo 2008

La Chiesa e la schiavitù

Versione 1.0

Il capitolo 55 di Karlheinz Deschner, Storia critica della chiesa, cit., è dedicato all’istituto della schiavitù, che come è noto costituiva il fondamento economico di tutto il mondo antico fino ad epoche a noi abbastanza vicine. E del resto non è poi cosa tanto diversa la condizione del salariato da quella dello schiavo. Ma non è su questa problematica che voglio qui concentrarmi. Mi interessa invece verificare sulla base dei testi offerti da Deschner, ed altri che verranno autonomamente esplorati, verificare il luogo comune secondo cui il cristianesimo, ed in particolare il cattolicesimo, sarebbe stato un grandioso movimento storico-religioso volto all’emancipazione dell'uomo. Proprio non pare cosi. Nei testi evangelici, dove è fatto parlare Gesù, non si trovano speciali dottrine al riguardo, ma certamente di Gesù non può esserne fatto un teorico della schiavitù e della sua giustificazione sociale. Semmai è possibile il contrario ed agevole il sostenerlo. Diversamente stanno le cose per la sua Chiesa, fondata da Paolo:
«Mentre Gesù non giustifica la schiavitù in nessun passo, anzi tutto lo spirito della sua dottrina parla piuttosto in senso contrario, Paolo insegna: ciascuno deve restare nella condizione nella quale si trova; e dunque lo schiavo nella schiavitù! Anche se può diventare libero, tanto più volentieri deve restare il quella condizione:
Ognuno rimanga in quella condizione in cui era quando fu chiamato. Sei stato chiamato quando eri schiavo? Non te ne preoccupare, ma pur potendo diventare libero approfitta piuttosto della tua condizione, perché chi è stato chiamato nel Signore da schiavo è un liberto del Signore, come chi è stato chiamato da libero è schiavo di Cristo. Siete stati comprati a gran prezzo, non diventate schiavi degli uomini. Fratelli, ognuno rimanga davanti a Dio nella condizione il cui era quando fu chiamato (1 Cor. 7, 20 ss.).
Paolo non pensa, dunque, di dichiarare la schiavitù un’ingiustizia, quantunque, come mostra il suo linguaggio immaginifico, conosca esattamente il triste destino degli schiavi, il cui numero era assai notevole nelle sue comunità (Leipoldt, Der soziale Gedanke, 122).
Si badi che qui non si tratta di un concetto ultramoderno quale il rifiuto della carriera e dell’ascesa sociale, quali espressioni di una società alienata. Non siamo a queste finezze concettuali difficili da dimostrare e forse anche discutibili, ma si tratta di una vera e propria difesa di uno status quo, da cui per secolo proprio la gerarchia ecclesiastica ha tratto i massimi vantaggi, non certo a beneficio dei poveri.

Il testo della traduzione della Lettera prima ai Corinzi è da me integrato nella versione della Bibbia Concordata, che offre il seguente gustoso commento ai versetti 20-24:
L’apostolo suggerisce ad ognuno di perseverare nello stato in cui si trovava quando è stato chiamato alla fede. Se era schiavo rimanga tranquillamente al suo posto (vv 20. 24); anzi, se uno potesse diventare libero, rimanga nella condizione di prima; infatti nella umiltà e povertà si assomiglia molto di più a Cristo Gesù, che per noi ha voluto esser povero pur essendo ricco (2 Cor 8,9) ed ha assunto proprio la forma di schiavo pur essendo nella “forma di di Dio” (Fl 2, 6s). Il v 21 in greco è piuttosto ambiguo e potrebbe intendersi, come fanno alcuni, anche nel senso di un invito a valersi della possibilità di diventar libero. Però tutti i commentatori greci antichi e la maggior parte dei moderni lo intende nel senso da noi proposto ed è tutto il contesto a reclamare tale significato, che non è per niente strano e rientra nel quadro del pensiero di Paolo».
Appunto! Sullo base di questo passo e di questo commento ortodosso vorrei qui richiamare brevemente una mia riflessione, più volte espressa, circa le profonde ragioni delle posizioni ufficiali della Chiesa in materia di natalità. Credo che sia del tutto ozioso andare a cercare un senso ed una logica nei documenti confessionalistici. Se invece si considera la trasmissione dei ruoli sociali la cosa acquista senso e plausibilità. Cosa succederebbe se uno schiavo – non importa se antico o moderno – decidesse non caritatevole trasmettere la sua triste condizione sociale ad un figlio destinato a restar schiavo ed a condividere le sofferenze paterne e materne? La società non avrebbe più i suoi schiavi!

(segue)

Karlheinz Deschner e altre fonti

Versione 1.2

Sono qui elencate le opere da cui attingerò per estratti e citazioni, base di ulteriori ricerche e della massima personalizzazione possibile. Il tema è da da richiedere una sterminata erudizione. Non può essere impresa di un singolo. Occorre rifarsi al lavoro di molti, cercando di far apparire in una luce unitaria uno sforzo costante nel tempo. I nostri veri martiri ed eroi, spesso ignoti e sconosciuti, sono quanti nei secoli hanno conosciuto il carcere, l’emarginazione, la morte con infamia. Se si dovesse porre a confronto in numero e la qualità di questi “martiri” con quelli celebrati con questo nome, se ne scoprirebbero delle belle. E le scopriremo con il tempo e la pazienza che la ricerca comporta. Un vantaggio non da poco è costituito dalla possibilità di rivedere continuamente una scrittura di getto. I miei testi sono sempre migliorabili e perfezionabili ed a ciò, se lo vorranno, potranno contribuire i lettori con le loro segnalazioni ed indicazioni, oltre che con le loro critiche, che troveranno da noi sempre accoglienza.

Sommario: K. Deschner: “Il gallo cantò ancora. Storia critica della Chiesa”. – 2.

1. Deschner. – Non ho ancora finito di leggere l’edizione italiana di Karlheinz Deschner, Il gallo canto ancora. Storia critica della Chiesa, di pagine 544 (in corpo piccolo), edito da Massari ed acquistabile alla modica somma di euro 18,59. Ho però subito capito che è il libro da cui muovere per la ricerca che avevo in mente quando ho creato questo blog. Non mi stupisce il fuoco di sbarramento comprensibilmente rivolto contro la sua opera e ne terrò conto. Ciò che a me qui interessa è trarre uno spunto che vuole essere il più personale possibile. Gli si rimprovera la “criminalizzazione” del cristianesimo, o meglio del cattolicesimo, come se i roghi delle streghe e degli eretici fossero stati una sua invenzione e non eventi innegabili che parlano da soli. Infatti, è tipico della pubblicistica cattolica, di tutti i suoi innumerevoli avvocati, l'asserto che anche i peggiori crimini si spiegano in una logica salvifica: la chiesa è sempre santa qualsiasi cosa faccia. E finché vi saranno persone pronte ad accogliere simili spiegazioni, la formidabile struttura di potere che dura da millenni continuerà a durare nei secoli. Il nostro obiettivo non è del resto l'anticlericalismo, ma ha come suo scopo un processo di liberazione interiore attraverso la depurazione degli infiniti pregiudizi a proposito del cattolicesimo che sono stati nel tempo depositati nella nostra testa ad opera di tutte le strutture educative, rigidamente sottoposte al potere politico e controllate capillarmente dalla stessa chiesa cattolica. Se saremo riusciti a sapere ed a capire, il nostro scopo sarà stato raggiunto. Ognuno di noi è responsabile del suo destino, specialmente in fatto di conoscenza e percorsi formativi. La nostra ricerca è pubblica ed ognuno vi potrà liberamente attingere. Non è assolutamente nostra intenzione far perdere la fede e la devozione alle anime pie. Al contrario è nostra intenzione liberarci concettualmente del concetto stesso di “fede”, una delle tante assurdità che popolano il modo di pensare cattolico. In questa strada confido che Deschner potrà essere di aiuto, ma non sarà e non dovrà essere il solo. Egli stesso ne è ben consapevole. Si legge in quarta di copertina:
«Non è un caso che in Italia questo libro non sia mai stato tradotto, né fatto conoscere in altra maniera. Troppo radicale, infatti, è la critica e troppo documentate le argomentazioni con le quali Deschner smantella uno ad uno i miti e i falsi dogmi del pensiero clericale antico e moderno. Ma la ricerca della verità, per quanto scomoda, costituisce un dovere fondamentale dell’uomo, anche quando l’impresa puà apparire impari: per costruire l’attuale potere temporale e spirituale della Chiesa cattolica ci son voluti quasi duemila anni di soprusi, sotterfugi e falsificazioni sistematiche e non sarà certo la verità documentaria contenuta in un libro a smantellare un simile apparato».
Addirittura, un congresso di storici si è appositamente riunito per criminalizzare l'opera stessa di Deschner, con raffigurazioni come la seguente, leggibile in Wikipedia:
«Deschner non conosce alcuno studio delle fonti, dimostra una scelta della letteratura estremamente unilaterale, interpreta le fonti senza considerarne il contesto, tratta singoli eventi come se fossero la totalità e simula un apparato erudito di note nel quale spesso non è possibile verificare ciò che viene affermato [...] Deschner è colto, ma certamente gli mancano un pensiero e un giudizio storici”…».
Ma è lo stesso Deschner a metter in guardia contro la sua stessa opera, che non ambisce a quel dogmatismo che è l’essenza stessa del cattolicesimo. Scrive Deschner nella Postfazione al suo “gallo che canta”:
«A questo io esorto: in primo luogo alla studio della letteratura protocristiana, specie della Bibbia, la cui lettura la Chiesa, per quanto oggi la sostenga, non a caso a proibito per secoli al popolo… Quindi si studi la letteratura di commento, e cioè i lavori dei teologi storico-critici che di quelli cattolici o protestanti tradizionalisti. Io non incito, dunque, allo studio della scienza anticristiana. Al lettore che diffidi della mia esposizione basterà dare uno sguardo a uno-due libri di teologi cristiani storico-critici – ad esempio Rudolf Bultmann, Martin Dibelius, Martin Werner, carl Schneider, Hans Konzelmann o Fritz Buri – e confrontarli con le opere di teologi conservatori e di storiografi della Chiesa. Raccomando in modo particolare la lettura di opere cattoliche, col presupposto tuttavia che siano confrontate almeno con alcune opere dei loro avversari. Non è mai possibile convincersi al meglio della verità storica se non mediante simili raffronti…».
Ed è esattamente ciò intendiamo fare nei limiti delle nostre possibilità. Un lavoro collettivo sarebbe quanto mai opportuno, ma non è facile trovare collaborazioni funzionanti e produttive.

(segue)