domenica 27 gennaio 2008

Le 800 scempiaggini di Magdi Allam

Versione 1.0

Con Felice espressione il giornalista Gravagnuolo ha definito la prosa di Magdi Allam un "delirio verbale da tarantolato”: eccone un nuovo esempio. Non ci si poteva non buttare in tanto clamore mediatico che in ultima analisi si riduce al fatto che Sua Santità reclamava l’UNANIMITA’ dei consensi e degli applausi. È bastato che un “manipolo” di docenti (a contarli ci ha pensato lo stesso Magdi) perché tutto il sistema entrasse in crisi. Caro Magdi, e se pur con tutto il rispetto uno con il Papa non ci vuole stare, come la mettiamo? Di nuovo al rogo? In Roma ci abito da una cinquantina d’anni ed in San Pietro sotto le finestre del papa non ci sono mai andato. Una sola volta sono stato casualmente alla sala Nervi e non ti dico adesso quale è stata la mia impressione. Ne ho scritto altrove. Prendo nota della tua nuova manifestazione di delirio verbale, ma non mi attardo in un commento che non vale neppure la pena fare. Sono troppo numerose le scempiaggini da evidenziare.

Moratoria sull’aborto: perché lo fanno? Riflessioni su un nuovo attacco integralista alla società.

Versione 1.0

Per ragioni connesse alla mia insonnia, o meglio al mio modo di prender sonno, mi capita di ascoltare le trasmissione radiofoniche notturne di radio radicale, l’unica radio che trasmette unicamente il parlato senza programmi musicali. Ho così potuto sentire in rapida successione interventi di Ferrara, Binetti, Buttiglione e altri di cui non ho inteso il nome credo nel contesto di una quache associazione cattolica che si chiama “Rinnovamento dello Spirito” secondo una titolazione che è tipica di ambienti clericali ed integralisti. È da dire in effetti che la società è particolarmente debole ed indifesa al punto da far coltivare ai nostri fondamentalisti il sogno di un ritorno al papa re, per giunta in condizioni di maggior favore, separando la responsabilità del governo dall’esercizio del potere saldamente in pugno al Pontefice.
Non esagero quando dico che ne ho trovato conferma nell’ammissione expressis verbis di alcuni ferventi cattolici che senza saperlo confessavano una verità, il cui esito supera i più truculenti progetti attribuiti agli innocui musulmani.

Non discuto le folli argomentazioni che le mie orrecchie, in ore notturne, hanno ascoltato. Mi limito soltanto a quale sommaria riflessione sulla concezione e sul ruolo della donna che ne viene fuori. Dell’uomo in quanto necessario collaboratore della donna nella procreazione quasi non è parola. In una dottrina fatta di assurdità concettuali (la cosiddetta Fede) che ha uno dei suoi punti di forza nell’Immacolata Concezione si può delegare allo Spirito Rinnovato il compito della necessaria supplenza.
In sostanza, alla donna è negato qualsiasi diritto in tutta questa faccenda. Al massimo la si considera una mentecatta che deve essere convinto con le buone o con le cattive se per caso per un qualsiasi motivo decidesse che un figlio proprio non lo vuole. Se non poteva abortire in passato una donna abbandonava il fardello del suo grembo davanti alle porte di chiese e conventi. Da qui si sono originati i tanti cognomi come Diotiallevi, Diodati, Esposito e simili. Oggi paiono più comodi e sicuri i cassonetti della spazzatura.

Per chi abbia visto la serie di Alien credo che sia questa l’immagine più efficace che gli Spiriti Rinnovati hanno della donna, cioè un ventre dentro il quale si genera un mostro a scapito e contro la volontà della gestante. Si ha un bel dire che esistono norme di divieto all’aborto senza sanzioni per la donna. Se anche fosse così, basterebbe il peso e le conseguenze di una gravidanza non voluta a costituire la maggiore sanzione. Visto he siamo in tema di spirito si potrebbe rappresentare il punto di vista di chi dovendo per forza nascere si trova destinata al cassonetto delle immondizie sia che ce lo metta la madre al suo trionfale ingresso nel mondo sia che a mettercelo sia l’organizzazione sociale benedetta dal sigillo papale. Ma si tratta di un assente cui si può attribuire di tutto ed il contrario di tutto. Al massimo la pietà verso la donna si esprime in non ben precisati “aiuti”, che quando non hanno i connotati dell’elemosina si rivelano le classiche promesse da marinaio, magari di quello stesso marinaio che sceso dalla nave in una notte di “peccato” ha ingravidato una fanciulla inesperta.

Insomma, mi sembra che gli argomenti degli Spiriti Ringalluzziti facciano acqua da tutte le parti e non voglio attardarmi in una facile critica. Saranno le donne – se lo vorranno – a combattere per la loro libertà e dignità di esseri umani. Senza nulla sapere di embriologia e di genetica il filosofo Hobbes, per me assai più lucido e attuale dei Divini Ispirati, attribuiva alla donna un diritto di vita e di morte sul figlio non già al momento dell’aborto, ma addirittura quando era già nato. Infatti, se la madre avesse deciso di abbandonarlo in tenera età, lo avrebbe messo a morte perché il figlio generato non sarebbe stato capace di provvedere a stesso. Ed oggi nelle condizioni richieste dalla nostra società non lo è spesso neppure a trent’anni di età.

Ma perché gli Spiriti Rinnovati hanno deciso di dare battaglia al mondo intero, già oberato da sei miliardi di bocche, per una causa tanto manifestamente assurda e illiberale? Non credo ad una sola parola dei loro assurdi ideologismi. Credo che una spiegazione convincente la si possa trovare in un disegno globale di dipendenza e subordinazione sociale. La famiglia, soprattutto in Italia, è la principale struttura della trasmissione dei ruoli sociali. Il figlio è destinato nella stragrande maggioranza dei casi a perpetuare il ruolo sociale del padre sia che si tratti di un ruolo vantaggioso sia che si tratti di un ruolo a perdere. Forse la più grande rivoluzione di questa forma dell’oppressione sociale la si potrebbe avere se la paternità e la maternità non venisse intesa come lo scotto da pagare anche per un solo momento di piacere sessuale: il peccato agostiniano! Si noti, infatti, che per i nostri Santi Spiriti Rinnovati non solo l’aborto è un peccato ma anche ogni pratica contraccettiva. Mah! Se ogni uomo e ogni donna potessero decidere di comune accordo, o anche la sola donna che nella faccenda ha la parte maggiore dell’onere procreativo, potessero votare sul tipo di società e sulle concrete possibilità di vita ed esistenza della creatura da loro generata, sarebbe questa la più grande delle decisioni loro concesse. Altro che democrazia.

Se per caso ritenessero che il modello di società non è almeno per loro concretamente accettabile, potrebbero rifiutare il ruolo di riproduttori forzati. I padroni di fabbriche con centinaia di dipendenti dovrebbero praticare non più il cattolicesimo, ma la religione islamica dove non vi è limite al numero di mogli. Potrebbero così generare loro stessi i dipendenti delle loro fabbriche e trattandosi di loro figli si può ben sperare che ne avrebbero maggiore cura. Probabilmente diminuirebbero gli incidenti mortali sul lavoro. E così si può dire per tutti gli altri ruoli sociali che di per sé non garantiscono la quarta o la terza settimana di sopravvivenza, per se e per la propria famiglia. Sempre più spesso si vedono nelle nostre città persone che rovistano nei sacconetti delle immondizie alla ricerca di cose utili. Capita qualche volta che trovino qualche infante abbandonato. Le leggi non consentono più di farne uno schiavo da cui trarre utile.

martedì 22 gennaio 2008

Alla Sapienza, nella Facoltà di Scienze Politiche si discute: poteva o non poteva parlare il papa?

Versione 1.1
testo in progress

Nel Consiglio di Facoltà di Scienze Politiche, alla Sapienza, ieri pomeriggio, lunedì 21 gennaio 2008, alle ore 16 si è deciso ad un certo di invertire l’ordine del giorno dei lavori. Ciò che era all’ultimo punto, alle varie ed eventuali, è stato anticipato per un fatto casuale e su ordinarie questioni di Facoltà. In modo del tutto imprevisto si è quindi sollevato un dibattito sulla recente mancata visita del papa che ha scagliato il nostro Ateneo sulla prima pagine non solo dei giornali e delle televisioni italiane, ma non vi è stato nel mondo intero chi non abbia rivolto la sua attenzione verso di noi. Ed io insisto nel ritenere l’evento di notevole rilevanza e tale da essere ricordato anche in futuro nei libri di storia. Pertanto non è cosa futile il parlarne, anche se le ultime notizie sulla responsabilità della mancata visita fanno sorgere una comica crisi diplomatica fra Stato italiano e Vaticano, l’uno dicendo il papa non era venuto su consiglio del governo italiano e quest’ultimo smentendo nettamente di aver dato un simile consiglio, avendo garantito l’assoluta sicurezza ed incolumità del Pontefici.

Non ho tenuto un resoconto stenografico della Seduta del Consiglio di Facoltà, ma lo ricostruisco ora a mente e secondo le impressioni ricevute. I Colleghi di Facoltà mi perdoneranno eventualmenti omissioni o involontari travisamenti. È già adesso concessa loro ogni possibilità di rettifica e di loro intervento se vorranno onorare questo mio Blog della loro attenzione. Inizio da un breve colloquio con il collega prof. Zanghì che mi chiedeva se avevo ricevuto una sua lettera che lui aveva trasmesso alla Segreteria perché la inoltrasse a tutti i colleghi: gli ho detto di non aver ricevuto una simile lettera e che ero interessato a conoscerne il contenuto. Come poi ha precisato nel dibattito, egli contestava alcune notizie date dal telegiornale secondo cui la Facoltà di Scienze Politiche si sarebbe pronunciata non ricordo bene se a favore o contro la visita del papa.

Io mi sono perso un’intervista televisiva del preside prof. Lanchester dove egli salutava positivamente la visita del papa, ma nella stessa intervista veniva tagliata la parte in cui diceva che considerava del tutto sbagliato da parte del Rettore l’invito a tenere una Lectio magistralis di inaugurazione a chi in fondo veniva come Vescovo di Roma, cioè in una veste potremmo dire “incongrua” in un’università laica. Se non ho mal inteso, il prof. Zanghì deplorava invece il fatto che la Facoltà di Scienze Politiche era fra quelle schierate decisamente contro la visita del papa, quando la Facoltà in quanto espressa dal suo Consiglio non si era espressa in nessun modo: né a favore né contro. È tuttavia vero – come ha confermato uno Studente presente in Consiglio – che gli Studenti di Scienze Politiche insieme a quelli di Fisica hanno organizzato il dissenso studentesco sulla visita del papa. Queste all’incirca i fatti e le posizioni delle diverse componenti.

Or bene il papa è stato segno di divisione anche all’interno della nostra Facoltà, o meglio direi causa di confusione perché erano e sono diverse i punti di vista su cosa la visita del papa potesse significare. La semplificazione a mio avviso più lontana dal vero è che si trattasse di una questione di libertà di parola o di pensiero. In particolare, su questo punto il collega professor Somogy voleva mettere a votazione il quesito una persona che fosse stata invitata (ma da chi?) aveva poi il diritto di parlare. Intanto, si è chiarito che il Senato accademico non era stato minimamente investito della questione e quindi la decisione era unicamente del Rettore: una decisione improvvida, stigmatizzata con termine variamente coloriti dentro e fuori della Sapienza. Pur avendo alzato la mano, non sono riuscito a parlare ai maggiori Colleghi, ma poi non ho insistito perché la mia posizione è stata egregiamente espressa dal collega Ceccanti che ha posto una pregiudiziale sulla proposta del prof. Somogy: a netta maggioranza i Colleghi hanno deliberato che la proposta di voto del prof. Somogy non era ammissibile.

Per il resto, riguardo alla mia personale veduta sull’intera faccenda, io proprio qualche giorno prima avevo sentito l’irrefrenabile impulso di scrivere una mia lettera e al Preside di facoltà ed al Pro Rettore, dove anche chiedeva se da parte loro vi fossero motivi ostativi a che io rendessi pubblico il tenore della mia Lettera scritta di getto senza eccessiva cura alla sua forma. Mi pare adesso opportuno riproporla qui come se fosse stato il mio mancato intervento in Consiglio di Facoltà, dove avevo pur chiesto la parola. La riproduco integralmente per come è stata spedita, ma mi riservo di modificarla e per la sua forma e per la sua sostanza:

Egregio Preside
Prof. Fulco Lanchester,

E p.c. al pro Rettore
Prof. Luigi Frati

Desidero renderLe noto che i fatti in oggetto mi hanno creato e mi creano crescenti problemi di coscienza per un verso e per un altro problemi di carattere deontologico.
Non so come lei valuti i fatti recenti e non le scrivo per conoscere la sua pur interessante opinione al riguardo: non per questo le scrivo.

Credo che per ognuno di noi sia increscioso dover parlare di se stessi e magari ricostruire la propria autobiografia. Una forma di vanità che è saggio evitare.

Tuttavia, è quanto mai opportuno che Le significhi che io dagli anni 1970 al 1975 sono stato Studente della Facoltà dove oggi mi trovo nella condizione professionale che lei ben conosce.

Ma sono stato uno Studente così accanito che non credo la nostra Facoltà nella sua storia abbia avuto eguale: non ho mai saltato una Lezione in tutti i quattro anni legali di quei corsi al cui esame ero tenuto e nel tempo che residuava fra una lezione e l’altra frequentavo corsi di mio interesse, senza essere iscritto al relativo esame. Di questi corsi ricordo come importanti e significativi la Lettura di Kant ed Hegel a cura di Gennaro Sasso presso la vicina facoltà di Filosofia.

Era allora per me – in quanto Studente non occasionale, ma profondamente organico all’Università che mi ero scelta – assolutamente qualificante ed essenziale il carattere LAICO della Sapienza.

Questa “laicità”, almeno per come da me intesa in quei cinque anni in cui scelsi di essere Studente della Sapienza, è stata ora profondamente compromessa nella sua immagine dall’improvvida decisione poi malamente abortita, del Rettore Guarini di affidare la Lectio magistralis ad un pontefice, che tutto può essere meno che un laico e un liberale.

Come docente ricercatore di questa Università, privo di potere e mai amante del potere, mi attribuisco minor titolo e dignità dello Studente che fui.

Non so quali iniziative verrò assumendo a difesa di una laicità della Sapienza che sento gravemente minacciata, ma la prego di tener conto di questo mio stato d’animo e di trasmetterlo al Rettore, al quale dissi espressamente in occasione della sua elezione che – non avendolo io votato – mi auguravo che le opinioni sulle quali mi ero basato per non votarlo potessero nel prosieguo del suo mandato rivelarsi erronee ed i miei timori infondati. Egli ha purtroppo superato le mie più pessimistiche previsioni e per quello che riguardava il mio status di ricercatore (per il quale non ho più nessun interesse) ed ora a quel che vedo anche per quella condizione di laicità, da me ritenuta acquisita e per la quale nell’anno della mia immatricolazione avevo instaurato un rapporto esistenziale con questa Università che dura a tutt’oggi.

Se crede, può trasmettere questa mia direttamente al Rettore pro tempore Guarini.

Antonio Caracciolo,
già Studente della Sapienza negli anni 1970-75

- Post Scriptum: la prego di comunicarmi per tempo l’esistenza di motivi ostativi alla diffusione internet della presente ovvero comunicazione ai giornali.
Mentre i Colleghi si accaloravano su questioni di libertà di pensiero e di parola, la mia mente andava a fatti di neppure un anno fa. Si sa che la memoria e corta e come autorevolmente potrebbe insegnare Sua Santità qualcuno tanto tempo fa ammoniva a levare la trave dal proprio occhio piuttosto che la pagliuzza dall’occhio altrui.

Anche altri Colleghi hanno fatto intendere di considerare visita del papa una questione di libertà di parola, non una questione di laicità dell’Ateneo, come io invece fermamente ritengo. Del resto, ormai non si sa più quale significato dare alla parola laico. Sembrerebbe che ad esser laico sia proprio il papa, mentre tutti gli altri che non indossano abiti talari non sarebbero affatto. È anche questo un segno dei tempi: ciò che una volta era ovvio oggi non lo è più, o almeno per taluni. Per me la nozione continua ad essere chiara e probabilmente anche per i 67 firmatari della lettera al Rettore e gli studenti che non mandano lettere ma protestano inscenando manifestazioni.

Nel maggio dello scorso anno vi fu un evento mediatico di segno opposto. Si trattava non di far parlare qualcuno, ma di NON farlo parlare. Addirittura per non farlo parlare il Rettore dell’università di Teramo ed il Preside della Facoltà teramana di Scienze Politiche chiusero i portoni dell’Università. Mi sembra che il ministro Mussi si sia complimentato con il Rettore teramano per aver chiuso la Facoltà al lodevole scopo di non far parlare non importa chi, ma fosse stato uno scimpanzé in grado di parlare a maggior ragione lo si doveva far parlare, se veramente e non solo quando fa comodo si intende rispettare l’art. 21 della costituzione. Si trattava di Robert Faurisson e le vicende minute di quell’evento possono esser lette in altri due miei blogs: Club Tiberino e Civium Libertas.

Qui di inedito rivelo che allora, ma solo per dare contenuto all’art. 21 della costituzione, proposi al preside della mia Facoltà, prof. Lanchester, di accogliere la persona cui era stata platealmente ed inequivocabilmente negata la libertà di parola, Robert Faurisson, di poter parlare nell’ambito del mio Seminario, peraltro formalmente chiuso. Non avevo nessuna intenzione di fare del sensaziolismo e per questo sottoposi la mia decisione alla delibazione di Preside di Facoltà, di Direttore del Dipartimento ed anche della Collega del mio stesso ambito disciplinare. Il Preside mi disse allora che aveva ricevuta analoga richiesta da altro autorevole Collega, ma che lui aveva sentito sulla questione il parere degli Storici della Facoltà, i quali erano contrari ad un simile invito e coinvolgimento della Facoltà. Salomonicamente mi fu detto che non era sacrificata la mia autonomia e libertà didattica, ma che si trattava di una questione di oppoortunità, alla quale peraltro io stesso convenivo: se gli “ebrei romani” avevano rotto una costola al vicequestore teramano, scambiato per un pro libertà di parola a Faurisson, mi potevo certamente immaginare contestazioni che non amavo certo provocare.

Ed allora, miei cari colleghi Storici di facoltà, se tanto vi preoccupate della libertà di parola del papa che parla e come, pure troppo a mio avviso, come mai che non avete un’eguale sensibilità quando si tratta di far parlare non su articoli di fede (Immacolata Concezione, Assunzione in Cielo, Infallibilità, ecc), ma su questioni storiche, sia pure controverse, persone il cui unico reato è quello di aver scritto libri, che potranno apparire a voi assurdi ed infondati, ma spero non tali da meritare il carcere? Nella sola Germania, se le mie fonti sono attendibili, ogni anno 17.000 persone vengono incriminate per reati di opinione e le carceri d’Europa sono piene dei cosiddetti “negazionisti”. C’è del marcio nel regno di Danimarca, se le cose vanno in questo modo.

domenica 20 gennaio 2008

L’università di Roma “La Sapienza” respinge l’integralismo sanfedista

Versione 1.0

Sono finito nell’indirizzario di Magna Carta perché avevo dato la mia email in occasione del convegno sulla “democratizzazione forzata” del paesi mediorientali, un ignobile ed infame convegno volto a preparare l’opinione pubblica italiana ed europea ad una nuova guerra contro l’Iran, caratterizzata dalle stesse menzogne che hanno preceduto la guerra contro l’Iraq, che è costata qualche milione di morti. Adesso l’Occidentale di Quagliarello si distingue per una nuova bravata. Pensa di chiamare a raccolta il conformismo accademico italiana, per firmare un appello tanto sciocco quanto mistificatorio dei fatti. Ho da poco aperto la posta ed è tardi e sono stanco. Non posso scrivere perciò con l’abituale fluidità. Non voglio tuttavia indugiare a rispedire al mittente l’Appello che ho ricevuto e che riporto subito di seguito. Ad esso segue la mia risposta che è stata spedita alla Redazione dell’Occidentale. Vedo però che lo stesso testo è pubblicato nel blog dell’ineffabile Giorgio Israel, che con l’occasione combatte una nuova battaglia, dopo che Odifreddi gli ha ricordato le suo occupazione nel foglio parafascita «Informazione Corretta». Ne è seguita una divertente diatriba per i quali rinvio i lettori di questo blog ad altro mio sito. Qui ora l’ignobile testo lanciato da suppongo Quagliarello, con il quale mi compiaccio di trovarmi nello stesso partito di FI per potermi a lui contrapporre:

L’università non può arrendersi.
[Appunto, non intendo arrendermi davanti ai vostri attacchi sanfedistici!]

Il bavaglio degli studenti, [quale bavaglio? degli studenti o «agli» studenti¡] la voce dei docenti [quale voce? Quella di Quagliarello dalla Luis o la mia dalla “Sapienza”? Non esiste per tutti la libertà di insegnamento in questo Paese governato dal Vaticano?]

QUESTO E' UN APPELLO PROMOSSO DA UN GRUPPO DI DOCENTI UNIVERSITARI.
CHI VUOLE ADERIRE E' PREGATO DI FARLO AL SITO DE L'OCCIDENTALE E DI INVITARE AMICI E COLLEGHI A FARLO
http://www.loccidentale.it/ (oppure cliccando direttamente sul titolo)

Che Benedetto XVI sia stato costretto a rinunciare a tenere il suo discorso durante l’inaugurazione dell’anno accademico all’Università “La Sapienza” di Roma è un fatto di gravità inaudita. È un’offesa per tutti coloro che hanno a cuore la concordia civile nel nostro Paese, che credono nella laicità delle istituzioni e che proprio per questo difendono come una preziosa risorsa civile il diritto della religione a esprimersi nello spazio pubblico. Ma il fattaccio de “La Sapienza” costituisce soprattutto un’offesa all’Università, allo spirito di libertà, verità, dialogo e tolleranza che dovrebbe animarla; è il segno di una crisi, sulla quale si dovrebbe aprire una grande discussione pubblica. Non è ammissibile che “La Sapienza” sia potuta diventare, anche se solo per un giorno, il luogo della più intollerante ideologia, né sono ammissibili certi penosi tentativi di sminuire l’accaduto, quasi che si sia trattato di una goliardata qualsiasi. Non doveva accadere. Si doveva fare in modo che non accadesse. Punto.
Unendoci a tutti coloro, moltissimi, che in questi giorni hanno fatto sentire a Benedetto XVI la loro vicinanza e solidarietà, riteniamo che ci sia comunque un modo per riparare, almeno in parte, all’offesa che gli è stata arrecata: è quello di prendere sul serio le parole che avrebbe voluto rivolgere di persona all’intera comunità accademica della Sapienza. Sono parole che denotano una grande passione per l’uomo, per la verità e per la libertà. È precisamente questa passione che tutti, professori e studenti, dobbiamo ritrovare. L’Università deve tornare a interrogarsi seriamente su se stessa, sul senso della sua missione, sul contributo che ha saputo dare al dispiegamento di una cultura politica laica e pluralista; non può arrendersi, direbbe Benedetto XVI, “davanti alla questione della verità”, altrimenti sarà sempre esposta al pericolo che certi tristi episodi come questo possano verificarsi di nuovo.
primi firmatari:
Elena Aga Rossi — Università de L'Aquila e Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione
Sergio Belardinelli — Università degli Studi di Bologna
Marco Bersanelli — Università Statale di Milano
Giancarlo Cesana — Università degli Studi di Milano Bicocca
Valentina Colombo — Institute for Advanced Studies di Lucca
Luigi Compagna — LUISS - Libera Università degli Studi Sociali "Guido Carli"
Raimondo Cubeddu — Università degli Studi di Pisa
Marcello Fedele — Università degli Studi di Roma "La Sapienza"
Bruna Ingrao — Università degli Studi di Roma "La Sapienza"
Giorgio Israel — Università degli Studi di Roma "La Sapienza"
Assuntina Morresi — Università degli Studi di Perugia
Paola Navotti — Università degli Studi di Milano Bicocca
Giovanni Orsina — LUISS - Libera Università degli Studi Sociali "Guido Carli"
Gaetano Quagliariello — LUISS - Libera Università degli Studi Sociali "Guido Carli"
Lucetta Scaraffia — Università degli Studi di Roma "La Sapienza"
Luigi Ventura — Università degli Studi di Roma "La Sapienza"
Victor Zaslavsky — LUISS - Libera Università degli Studi Sociali "Guido Carli"
Respingo al mittente il vostro appello e confermo la mia piena solidarietà ai 67 Colleghi di Fisica. Restano per me incomprensibili i motivi che hanno indotto il Rettore Guarini ad affidare al Pontefice quella ”Lectio magistralis” che per consolidata tradizione è sempre stata tenuta da un docente della stessa Sapienza. Tutti i giorni diversi dall’inaugurazione dell’anno accademico restano disponibili per docenti visitatori provenienti da ogni parte del mondo. In un contesto adeguato possono certamente parlare alla Sapienza i rappresentanti di ogni credo religioso. Se tanto lo desidera Sua Santità, sono ben lieto di ospitare una sua lezione nell’ambito dei miei seminari: è falso che non lo si voglia far parlare nel mio Ateneo. Un’università laica come la Sapienza non è tuttavia il luogo adatto per chi vuol fare apostolato. Da Studente per fruire di un insegnamento autenticamente laico scelsi nel lontano 1970 di immatricolarmi alla “Sapienza” invece che in uno dei numerosi istituti cattolici esistenti nella Capitale. Come Docente conservo la stessa idea di laicità che mi fu trasmessa quando ero Studente.

Giudico infame e vergognoso il linciaggio mediatico di questi giorni che confermano soltanti i miei sospetti sulla natura del tentativo. La gran cagnara ad arte orchestrata non mi intimidisce e rivendico il mio diritto a non essere cattolico: chi vuol esserlo lo sia, ma si lasci me in pace nella quiete dei miei studi.

Durante il fascismo furono solo 12 professori che rifiutarono il giuramento al regime. Adesso per lo meno sono stati in 67: la mia firma è mancata per non averlo io saputo in tempo, ma posso ben aggiungerla adesso. Se anche mai la stragrande maggioranza dei Colleghi del mio Ateneo aderisse al vostro vergognoso appello, io andrò fiero per non averlo fatto: et si omnes ego non!

Vedo tuttavia tra i vostri primi firmatari anche in nome di tal Giorgio Israel, redattore della testata sionista che nello scorso anno si è distinta per l’infame censura di Robert Faurisson presso l’università di Teramo. Fu quella vera, oggettiva, indiscutibile negazione della libertà di parola che resta autentica vergogna nella storia dell’università italiana. Cosa facevate allora illustri o miei illustri signori che vi ergete adesso a difensori della libertà di parola… del Papa! Fate ridere.

Respingo al mittente con sommo sdegno il vostro appello!


Né sapienza né fede né libertà: il nuovo sanfedismo alla Gasparri, Fisichella, Ruini

Versione 1.0
testo in progress

Mentre piovono i fulmini cristiani della scomunica sulla “Sapienza” io grazie alla dea Minerva me ne sto tranquillo nel mio fortilizio ad osservare gli eserciti sanfedisti che sfilano in piazza San Pietro. Il fatto è di quelli epocali nella storia di un paese ed io ho la consapevolezza di vivere questo momento. A considerare l’entità visibile degli opposti eserciti dovrei aver paura: tutti loro grandi e grossi ed io piccolo piccolo con pochi altri dispersi e scollegati qua e là. Sono già annunciate ritorsioni in fatto di nomine e finanziamenti alla ricerca. Addirittura il politico Gasparri ha chiesto che vengano denunciati i 67 che firmarono una richiesta al Rettore Guarini perché ritirasse l’incongruo invito fatto al papa affinché tenesse lui quella Lectio magistralis che normalmente per consolidata tradizione veniva svolta da un docente della stessa università: quali possa essere il titolo di reato non sono finora riuscito ad immaginarmelo. Ma non è così, anche se sono consapevole che la vita sarà resa difficile a quei temerari che hanno osato dire no al rito del bacio della Santa Pantofola. La Santa Pantofola? Si! È quanto è emerso da un serrato dibattito interno alla lista fra me, fondatore e proprietario della Lista, ed uno dei cattolici ammessi ed iscritti. Discepolo di Minerva, quando mi trovo ferventi cattolici, ovvero pii cristiani, non ho mai avuto alcun benché minimo interesse a far prevalere una mia pretesa superiorità sui segreti insondabili dei cultori

(segue)

sabato 19 gennaio 2008

Le motivazioni addotte per la mancata visita apostolica

Versione 1.1

È stata data come spiegazione della mancata visita del papa la motivazione che pur essendo garantita la sicurezza (al papa) del 1000 per cento, Egli non sia venuto per il timore che da possibili incidenti fra i manifestanti qualcuno, magari scivolando sul bagnato, potesse farsi male e perciò la sua paterna magnanimità lo avrebbe indotto a soprassedere. Come docente ricercatore della Sapienza dico subito che sono ben lieto che comunque non sia venuto, in una circostanza assolutamente impropria, incongrua, inopportuna foriera di ulteriori disatri: se lo desidera, potrò assai di buon grado invitarlo a parlare nell’ambito dei miei seminari su temi a lui pertinenti. Mai il Rettore Guarini avrebbe dovuto fargli un invito a tenere la Lectio magistralis di apertura dell’anno accademico: contrariamente alle tradizioni accademiche consolidate della Sapienza, che trova a ciò deputati docenti della stessa università “La Sapienza”. Confermo la mia solidarietà ai 67 Colleghi che hanno inoltrato al Rettore una lettera affinché fosse revocato l’invito. Ai detrattori dei 67 Colleghi che adducono il carattere minoritario del numero 67 dico loro che sarei stato ben lieto di aggiungere la mia firma (per quel che vale) alla loro, se fossi stato informato della loro iniziativa. Come me ritengo che la stragrande maggioranza dei docenti sia rimasto all’oscuro di ciò che stava maturando fino a quando lo “scandalo” non ha portato una grande pubblicità all’evento. Ritengo che in sordina fosse stata preparata una sorta di manovra volta a far perdere alla Sapienza quel carattere di laicità che ha sempre avuto e che nel lontano da studente 1970 mi indusse a scegliere proprio “La Sapienza” rispetto ad altre sedi universitarie dichiaratamente confessionali. In realtà, varie e diverse possono essere state le ragioni per le quali il papa ha ritenuto saggiamente di non venire, ma nessuna di queste corrisponde alle motivazioni fornite. Il che dimostra una insincerità che decisamente stona con il magistero morale che il papa pretende di esercitare.

giovedì 17 gennaio 2008

Da «Civium Libertas»: 1. La mia posizione sulla visita del papa nella mia università

Mentre maturavano gli eventi mediatici che hanno posto la «Sapienza» al centro dell’attenzione avevo scritto i primi interventi nel blog Civium Libertas. Riporto qui quegli articoli che si collocheranno nell’ambito di una mia personale critica al cattolicesimo che avevo avviato sulla scorta di un dibattito intorno al libro di Piergiorgio Odifreddi. Avevo poi trascurato questo blog non perché venuto meno il mio interesse per la critica del cattolicesimo, ma perché sopraffatto da altri impegni. Gli eventi della «Sapienza» che mi coinvolgono personalmente fanno ora ritornare con irruenza l’interesse per il progetto implicito in quel Blog. Riunisco qui, con adattamenti, miglioramenti e e sviluppi, i contributi già apparsi in “Civium Libertas” e “Club Tiberino”.

Versione 1.5
Inizialmente apparso in
Civium Libertas
il 14.01.08, dove sono rimasti i primi commenti.

Esprimo la mia posizione in merito ad un evento – la visita papale – di cui apprendo in pratica adesso, avendo letto le motivazioni dei 67 Colleghi fisici che hanno scritto al Rettore per chiedere il ritiro dell’invito al Papa. La mia irrinunciabile presa di posizione mi procura un certo imbarazzo con non pochi miei amici cattolici, tra i quali, proprio adesso, un gesuita, che mi ha appena chiesto di venire a casa mia per questioni di computer e con il quale eviterò di entrare in argomento.

Per quanti vogliono leggere la mia posizione, stesa rapidamente, possono trovarla qui, dove elaborerò le appropriate argomentazioni e la dovuta forma, se necessario, ma è cosa che faccio malvolentieri. Il tacere potrebbe essere tuttavia qualcosa di colpevole rispetto a quelli che sono i miei profondi convincimenti ed avverto il dovere di una pubblica presa di posizione, anche per non lasciare isolati Colleghi che si sono già esposti e con i quali mi sento solidale. Addirittura, il solito parlamentare tanto opportunista quanto pessimo cattolico, per non dire ipocrita, già propone per loro una denuncia e la solita lista di proscrizione. A questi Colleghi va perciò tutta la mia solidarietà, per quello che possa contare presso la più vasta opinione pubblica.

Quando si parla di libertà di pensiero, di ricerca, di insegnamento è difficile non entrare in conflitto con la dommatica cattolica: un conflitto che dura da duemila anni e che ha visto infinite vittime sul terreno. Si usa racchiudere ciò nel binomio ragione e fede, una distinzione che a me suona ormai inaccettabile e stantia. Non voglio qui addentrami in una problematica per la quale ho predisposto un apposito blog tematico. Voglio invece richiamare brevemente la distinzione fra spazio pubblico e spazio privato della religione. Ad ognuno sono concessi degli spazi dove poter vivere nella specificità della propria natura e dei propri convincimenti. Orbene, Roma è popolata di chiese: quasi più chiese per chi vuol pregare che palazzi per abitare. Per quanto riguarda poi i rapporti del mondo universitario con la chiesa cattolica ognuno di noi docenti riceve tutti gli anni un invito dove è possibile andare in udienza dal papa, alla sala Nervi o al Laterano. Non ci sono mai andato! Esistono poi numerose università e facoltà che hanno una esplicita intitolazione religiosa (Santa Maria Assunta, San Pio, ecc.): i luoghi per l’«incontro» sono già innumerevoli. La “Sapienza”, dove mi sono laureato nel 1975 e dove da allora lavoro ininterrottamente aveva una sua caratterizzazione “laica”, che è ora gravemente compromessa, malgrado le acrobazie verbali del Rettore Guarini.

La visita di Ratzinger – che in Parma tentò di attenuare la realtà di un processo che in condizioni di normale libertà non avrebbe dovuto neppure essere iniziato – assume i connotati di una conquista manu militari dell’ultima area di resistenza di un pensiero che non vuole rinunciare alla sua laicità e non si arrende ai poteri forti. Non sono un fautore dello scontro di religione o della per me assurda contrapposizione credenti/non credenti, ma ritengo che il luogo della religione sia la chiesa, la cappella, il sacello, non un’università che può essere se stessa solo se conosce come sua regola il sano esercizio della ragione senza uso improprio della Fede e senza la minaccia del potere ecclesiastico che la interpreta autoritativamente. Nell’Aula Magna dell’Università di Roma La Sapienza campeggiano due grandi busti, di cui uno raffigura Galileo Galilei. Mi chiedo quale sofferenza venga ora nuovamente inflitta a chi non ebbe il coraggio di salire sul rogo per amore della verità ed accettò di abiurare ciò che sapeva esser vero pur di poter vivere. Da allora la lezione che fu data agli intellettuali fu che prima viene la pelle e con la pelle tutti i possibili interessi e solo dopo se non costa nulla la verità ed i propri convincimenti. Mi chiedo con quale coerenza il Rettore pensi di poter stare al suo cospetto e di poterlo anche lontanamente rappresentare.

Aggiorno questo post alla luce degli sviluppi successivi che hanno visto il papa nel frattempo rinunciare alla visita. Mi avvalgo anche del lucido anche se breve intervento di Stefano Rodotà in Ballarò. Rodotà che non ha firmato (neppure io) la lettera dei 67 docemti di Fisica si è però detto d’accordo e solidale con loro (pure io). Rodotà ha inoltre reso responsabile del pasticcio lo stesso Rettore Guarini, che dimostra di essere il peggior Rettore che io ricordi, non solo per questo fatto, ma anche per le sue promesse fraudolente in campagna elettorale, poi spudoratamente disattese. Rodotà ha giustamente rimproverato a Guarini di aver cercato l’evento mediatico con l’invito al papa. Detto invito si è subito rivelato un’inaudita enormità, per motivi che do qui per evidenti. Costretto a retrocedere, il Rettore ha combinato un ulteriore pasticcio: visto che è stato restaurata la Cappella universitaria (non me ne ero neppure accorto!), il papa sarebbe venuto per questa occasione, ma poi visto che si trovava a passare proprio nel giorno dell’inaugurazione dell’Anno Accademico, sarebbe venuto a fare un discorso in coda di celebrazione dell’Anno accademico: il tipico compromesso all’italiana.

Ritengo che il papa abbia voluto giocare d’astuzia. Non mi gradiscono (ed è certamente vero) ed io perciò non ci andrò e potrò passare per vittima: non mi hanno fatto parlare. E vengo qui al nodo del problema. L’università, ogni università che si rispetto, è il luogo della libertà di parola oltre che della libertà di ricerca e di pensiero (ed il papato credo che storicamente abbia avuto qualche incompatibilità con questi istituti), ma libertà di parole e di pensiero va a braccetto con libertà di contraddittorio, cioè con discussione. Non pare che un papa sia avvezzo al contraddittorio ed alla discussione. Un papa è innazitutto un sacerdote, il cui fine non è la scienza, ma il culto e la religione. La sua presenza è stata avvertita come un tentativo di confessionalizzazione anche dell’Università di Roma La Sapienza, la più grande d’Europa. Ed anche per me la presenza del papa alla Sapienza, all’inaugurazione dell’Anno Accademico e nelle circostanze date, non avrebbe avuto alcun significato culturale, ma unicamente religioso.

Non esiste un problema di conoscenza del pensiero del papa, poiché è universalmente già noto e sono infinite le sue esternazioni e possibilità di comunicazione. Nulla di nuovo avrebbe potuto dire. Esisteva anche il concreto pericolo che, parlando sulla moratoria, avrebbe ben potuto sconfinare in tema di aborto, cosa che può ben fare e fa dalle finestre di San Pietro. Pronunciate le note posizioni vaticane dal pulpito della Sapienza, avrebbero avuto l’imprimatur della Sapienza stessa, coinvolgendo tutti i docenti che vi lavorano da una vita e che non avrebbero potuto dissociarsi con eguale evidenza. Ho finito di ascoltare il contradditorio tra Buttiglione, personaggio incredibile e Cini. Mi alterno fra scrivania e televisione. A Buttiglione, mia vecchia conoscenza, idealmente rispondo: Io non ho detto al papa: “Tu non devi parlare”. Per me tu parli già troppo. Se mai potrei dire: «Basta! Non ne posso più!» Inoltre Buttiglione ha già dimostrato la sua natura ed il potere clericale: in pratica la faranno pagare bocciando la nomina a presidente del CNR di uno dei 67 firmatari. La proposta parte da Luca Volonté. Questa dimostra gli strumenti di persuasione di cui dispone il cristianesimo ed il regime di terrore che esso introduce. Uno spaccato della vita politica italiana. Cini ha sostenuto un principio ragionevolissimo: il papa è il papa. All’Università la Sapienza avrebbe potuto svolgere solo un monologo, non un dialogo.

Chiudo con una nota personale, sentendomi pienamente coinvolto. Se la visita del papa, persona a me ben nota per la sua immagine pubblica, era a me specificamente rivolta, sarebbe stata del tutto improduttiva ed assolutamente imbarazzante per quelli che sono i miei convincimenti religiosi. Se la visita non mi riguardava in nessun modo, pur essendo io a pieno titolo parte integrante della Sapienza molto più di Buttiglione e dei tanti che hanno parlato minaccaindo tuoni e fulmini, sarei stato ben lieto di disinteressarmi dell’evento, come già feci quando il Cardinale Ratzinger venne in Teramo nella mia facoltà di allora e senza minimamente disturbare la celebrazione dell’evento: già allora ed ancora oggi non ritengo che il mio sapere si costruisca partendo da Ratzinger e si fondi su di lui. Non credo che possa venirmi imputata dell’ignoranza perché ritengo di conoscere tutto quello che Ratzinger possa dire: non sono d’accordo e non ne accetto i contenuti. Ho pieno diritto di svolgere il mio lavoro scientifico senza dover sottostare alle encicliche papale. Ho pieno diritto di seguire altre vie filosofiche da quelle indicate dal papa Ratzinger. Naturalmente, non contesto né l’ho mai fatto al papa di tenere le sue prediche ed i suoi discorsi, ma essi riguardano in prevalenza la comunità dei suoi fedeli: non sono fra questi! E non mi si puà chiedere di farne parte a forza. Era ciò che stava per avvenire alla Sapienza. Quanto agli Studenti che hanno un loro modo di esprimersi fatto soprattutto di gestualità contesto le accuse loro rivolte da Buttiglione: la loro non è stata una protesta violenta. A differenza delle persone mature che ascoltano e nascondono il loro eventuale dissenso, anche per timore di ritorsioni (vedi minaccia di non conferma della nomina a presidente del CNR per essere stati fra i 67 firmatari), gli studenti si esprimono con chiarezza e senza timore. È un loro diritto ed una loro virtù. Quanto poi al fatto che siano una sparuta minoranza, è argomento innazitutto da verificare ma in ogni caso trattasi di questione che non si decide con votazione di maggioranza: et si omnes ego non! La mancata visita del papa alla Sapienza non è assolutamente un problema di libertà di pensiero e di parola.



Cronache dalla Sapienza

Non ho nulla da raccontare perché questa mattina sono giunto troppo tardi, quando tutto era già finito ho quasi. Rispetto al percorso abituale ho dovuto fare giri incredibili con la macchina accumulando ulteriore ritardo. Non ho mai vista tanta polizia. Ed è questo già un elemento stonato: secondo la vecchia tradizione una polizia mai o quasi mai dovrebbe entrare nelle unversità, meglio mai che quasi mai.

Ai Lettori abituali di questo Blog comunico che concentrerò qui le mie prese di posizione sulla vicenda La Sapienza, trasferendo qui testi iniziati altrove e scrivendo quelli nuovi. ieri sera in Porta a Porta ho potuto seguire il dibattito che ha visto tre contro tre schierati: da una parte Buttiglione (il più fondamentalista), Fisichella prete rettore di una università pontificia, la Lateranense, e collegato dalla sede del “Foglio” l’ineffabile Giuliano Ferrara, di cui forse la più qualifica accademica è stata quella di “analista” della CIA ai tempi di Craxi, secondo una qualifica che se non vado errato è lui stesso ad aversi attribuito. In virtà di una così alta qualifica ha gratificato di contumelie ed insulti i docenti della Sapienza miei colleghi firmatari della nota Lettera. Certe cose non si possono dimenticare e noi faremo tesoro delle esternazioni di Giuliano Ferrara.

L’altra squadra era composta da Cini, Pannella e Odifreddi. Apprezzo in Pannella l’accenno a quei docenti universitari che non si piegarono al giuramento al fascismo. Se ho ben compreso, egli ritiene che almeno alcuni fra quei firmatari (non capisco perché solo alcuni: evidentemente mi mancano delle informazioni) possano essere paragonati ai Martinetti che non firmarono per amore e dedizione della libertà accademica. In effetti, io sono perfettamente convinto che sia stato fatto un tentativo (per fortuna abortito) di confessionalizzare la Sapienza. Si è poi insistito nel dibattito sulla consistenza numerica dei protestatari. Per quello che vale, se fossi stato informato e interpellato in tempo, non avrei esitato ad aggiungere il mio nome. Ma se 67 al trio Buttiglione-Ferrara-Fisichella paion pochi vuol dire che tanto maggiore è il loro merito. Stesso discorso vale per gli studenti che hanno protestato: se son pochi rispetto a quanto avrebbero dovuto essere, è maggiore il loro merito perché hanno difeso la libertà di tutti.

Viceversa i 5000 (?) ciellini che sono andati a trovare il papa nella sala Nervi, essi rappresentano “Comunione e Liberazione”, anche se a tempo perso fossero anche iscritti alla Sapienza. Di costoro mi ricordo quando io negli anni 70-75 ero studente alla Sapienza: non li ho mai considerati miei colleghi, ma una sorta di marziani, che proprio in quegli anni sono serviti al dott. Buttiglione per diventare l’on. Buttiglione. Io non ho mai pensato di poter strumentalizzare gli studenti per diventare con i loro voti deputato. Quindi, l’on. Buttiglione non può in nessun modo spacciare quegli studenti in quanto studenti della Sapienza. Anche se dal loro tesserino dovesse risultare un’effettiva iscrizione alla Sapienza (e perché non hanno scelta la “Santa Maria Assunta”?), per il solo fatto di trovarsi nella sala Nervi in essi prevaleva il solo status di “fedeli”, cosa certamente legittima ma che non riguarda l’istituzione universitaria “La Sapienza” in quanto tale.

Idealmente al trio insolente Buttiglione-Ferrara-Fisichella dico che per fortuna ancora esiste in questo paese il diritto di NON essere cattolici ovvero non è stato ancora adeguatamente sancito il DOVERE di esserlo e diventarlo. Hanno menzionato incautamente la vicenda referandaria sulla fecondazione assistita dove il 75 per cento degli elettori si astenne dall’esprimere una volontà che fosse un “si” o un “no”: in tal modo si sono posti fuori dall3area della decisione e quindi valgo politicamente zero. Lo zero non può essere rappresentato. È stato anche incauto il riferimento perché dimostra il suddetto tentativo di confessionalizzazione di un’istituzione laica come La Sapienza. Inoltre, con il loro penoso ed ignobile tentativo di falsificazione dell’accaduto hanno posto loro stessi nella peggiore luce possibile il cattolicesimo, che così si caratterizza fondamentalmente come ipocrisia. Hanno ancora dato prova del fondamentalismo che esiste e che abbiamo a casa nostra tutti i santi davanti ai nostri occhi: il fondamentalismo cattolico. Dal fondamentalismo islamico fino ad oggi non siamo stati infastiditi, da quello cattolico lo siamo da ben duemila anni. Ho detto “fastidio”: al Fisichella che non ha bisogno di digiunare per apparire in televisione tutte lòe volte che lo vuole faccio presente che sono uno utenti disgraziati che si trova inflitta la presenza papale ogni santo giorno nella televisione di stato. Ciò che provo è “fastidio”, per giunta pagato con il canone. Pertanto, anziché sentirsi soddisfatto del grande spazio che il secondo lui giustamente la RAI dedica alle esternazione papale, deve un poco preoccuparsi di quanti per tanto impunito “fastidio” potrebbero un giorno chiedere il risarcimento al capo di un miliardo e duecento mila fedeli, tra i quali ahimé credo che dovrei esser pure io statisticamente compreso in quanto non audito fui fatto battezzare dai miei genitori.

Ritengo che la libertà anche da una confessionalizzazione surrettiziamente imposta sia un diritto per il quale battersi e per in quale intendo battermi dopo il round dei 75 per cento di astenuti. Quanto ai numeri ricordo alla setta dell’uno-trino: et si omnes ego non!