Versione 1.5
Inizialmente apparso in
Civium Libertasil 14.01.08, dove sono rimasti i primi commenti.
Esprimo la mia posizione in merito ad un evento – la visita papale – di cui apprendo in pratica adesso, avendo letto le motivazioni dei 67 Colleghi fisici che hanno scritto al Rettore per chiedere il ritiro dell’invito al Papa. La mia irrinunciabile presa di posizione mi procura un certo imbarazzo con non pochi miei amici cattolici, tra i quali, proprio adesso, un gesuita, che mi ha appena chiesto di venire a casa mia per questioni di computer e con il quale eviterò di entrare in argomento.
Per quanti vogliono leggere la mia posizione, stesa rapidamente, possono trovarla
qui, dove elaborerò le appropriate argomentazioni e la dovuta forma, se necessario, ma è cosa che faccio malvolentieri. Il tacere potrebbe essere tuttavia qualcosa di colpevole rispetto a quelli che sono i miei profondi convincimenti ed avverto il dovere di una pubblica presa di posizione, anche per non lasciare isolati Colleghi che si sono già esposti e con i quali mi sento solidale. Addirittura, il solito parlamentare tanto opportunista quanto pessimo cattolico, per non dire ipocrita, già propone per loro una denuncia e la solita lista di proscrizione. A questi Colleghi va perciò tutta la mia solidarietà, per quello che possa contare presso la più vasta opinione pubblica.
Quando si parla di libertà di pensiero, di ricerca, di insegnamento è difficile non entrare in conflitto con la dommatica cattolica: un conflitto che dura da duemila anni e che ha visto infinite vittime sul terreno. Si usa racchiudere ciò nel binomio ragione e fede, una distinzione che a me suona ormai inaccettabile e stantia. Non voglio qui addentrami in una problematica per la quale ho predisposto un apposito blog tematico. Voglio invece richiamare brevemente la distinzione fra spazio pubblico e spazio privato della religione. Ad ognuno sono concessi degli spazi dove poter vivere nella specificità della propria natura e dei propri convincimenti. Orbene, Roma è popolata di chiese: quasi più chiese per chi vuol pregare che palazzi per abitare. Per quanto riguarda poi i rapporti del mondo universitario con la chiesa cattolica ognuno di noi docenti riceve tutti gli anni un invito dove è possibile andare in udienza dal papa, alla sala Nervi o al Laterano. Non ci sono mai andato! Esistono poi numerose università e facoltà che hanno una esplicita intitolazione religiosa (Santa Maria Assunta, San Pio, ecc.): i luoghi per l’«incontro» sono già innumerevoli. La “Sapienza”, dove mi sono laureato nel 1975 e dove da allora lavoro ininterrottamente aveva una sua caratterizzazione “laica”, che è ora gravemente compromessa, malgrado le acrobazie verbali del Rettore Guarini.
La visita di Ratzinger – che in Parma tentò di attenuare la realtà di un processo che in condizioni di normale libertà non avrebbe dovuto neppure essere iniziato – assume i connotati di una conquista
manu militari dell’ultima area di resistenza di un pensiero che non vuole rinunciare alla sua laicità e non si arrende ai poteri forti. Non sono un fautore dello scontro di religione o della per me assurda contrapposizione credenti/non credenti, ma ritengo che il luogo della religione sia la chiesa, la cappella, il sacello, non un’università che può essere se stessa solo se conosce come sua regola il sano esercizio della ragione senza uso improprio della Fede e senza la minaccia del potere ecclesiastico che la interpreta autoritativamente. Nell’Aula Magna dell’Università di Roma La Sapienza campeggiano due grandi busti, di cui uno raffigura Galileo Galilei. Mi chiedo quale sofferenza venga ora nuovamente inflitta a chi non ebbe il coraggio di salire sul rogo per amore della verità ed accettò di abiurare ciò che sapeva esser vero pur di poter vivere. Da allora la lezione che fu data agli intellettuali fu che prima viene la pelle e con la pelle tutti i possibili interessi e solo dopo se non costa nulla la verità ed i propri convincimenti. Mi chiedo con quale coerenza il Rettore pensi di poter stare al suo cospetto e di poterlo anche lontanamente rappresentare.
Aggiorno questo post alla luce degli sviluppi successivi che hanno visto il papa nel frattempo rinunciare alla visita. Mi avvalgo anche del lucido anche se breve intervento di Stefano Rodotà in Ballarò. Rodotà che non ha firmato (neppure io) la lettera dei 67 docemti di Fisica si è però detto d’accordo e solidale con loro (pure io). Rodotà ha inoltre reso responsabile del pasticcio lo stesso Rettore Guarini, che dimostra di essere il peggior Rettore che io ricordi, non solo per questo fatto, ma anche per le sue promesse fraudolente in campagna elettorale, poi spudoratamente disattese. Rodotà ha giustamente rimproverato a Guarini di aver cercato l’evento mediatico con l’invito al papa. Detto invito si è subito rivelato un’inaudita enormità, per motivi che do qui per evidenti. Costretto a retrocedere, il Rettore ha combinato un ulteriore pasticcio: visto che è stato restaurata la Cappella universitaria (non me ne ero neppure accorto!), il papa sarebbe venuto per questa occasione, ma poi visto che si trovava a passare proprio nel giorno dell’inaugurazione dell’Anno Accademico, sarebbe venuto a fare un discorso in coda di celebrazione dell’Anno accademico: il tipico compromesso all’italiana.
Ritengo che il papa abbia voluto giocare d’astuzia. Non mi gradiscono (ed è certamente vero) ed io perciò non ci andrò e potrò passare per vittima: non mi hanno fatto parlare. E vengo qui al nodo del problema. L’università, ogni università che si rispetto, è il luogo della libertà di parola oltre che della libertà di ricerca e di pensiero (ed il papato credo che storicamente abbia avuto qualche incompatibilità con questi istituti), ma libertà di parole e di pensiero va a braccetto con libertà di contraddittorio, cioè con discussione. Non pare che un papa sia avvezzo al contraddittorio ed alla discussione. Un papa è innazitutto un sacerdote, il cui fine non è la scienza, ma il culto e la religione. La sua presenza è stata avvertita come un tentativo di confessionalizzazione anche dell’Università di Roma La Sapienza, la più grande d’Europa. Ed anche per me la presenza del papa alla Sapienza, all’inaugurazione dell’Anno Accademico e nelle circostanze date, non avrebbe avuto alcun significato culturale, ma unicamente religioso.
Non esiste un problema di conoscenza del pensiero del papa, poiché è universalmente già noto e sono infinite le sue esternazioni e possibilità di comunicazione. Nulla di nuovo avrebbe potuto dire. Esisteva anche il concreto pericolo che, parlando sulla moratoria, avrebbe ben potuto sconfinare in tema di aborto, cosa che può ben fare e fa dalle finestre di San Pietro. Pronunciate le note posizioni vaticane dal pulpito della Sapienza, avrebbero avuto l’imprimatur della Sapienza stessa, coinvolgendo tutti i docenti che vi lavorano da una vita e che non avrebbero potuto dissociarsi con eguale evidenza. Ho finito di ascoltare il contradditorio tra Buttiglione, personaggio incredibile e Cini. Mi alterno fra scrivania e televisione. A Buttiglione, mia vecchia conoscenza, idealmente rispondo: Io non ho detto al papa: “Tu non devi parlare”. Per me tu parli già troppo. Se mai potrei dire: «Basta! Non ne posso più!» Inoltre Buttiglione ha già dimostrato la sua natura ed il potere clericale: in pratica la faranno pagare bocciando la nomina a presidente del CNR di uno dei 67 firmatari. La proposta parte da Luca Volonté. Questa dimostra gli strumenti di persuasione di cui dispone il cristianesimo ed il regime di terrore che esso introduce. Uno spaccato della vita politica italiana. Cini ha sostenuto un principio ragionevolissimo: il papa è il papa. All’Università la Sapienza avrebbe potuto svolgere solo un monologo, non un dialogo.
Chiudo con una nota personale, sentendomi pienamente coinvolto. Se la visita del papa, persona a me ben nota per la sua immagine pubblica, era a me specificamente rivolta, sarebbe stata del tutto improduttiva ed assolutamente imbarazzante per quelli che sono i miei convincimenti religiosi. Se la visita non mi riguardava in nessun modo, pur essendo io a pieno titolo parte integrante della Sapienza molto più di Buttiglione e dei tanti che hanno parlato minaccaindo tuoni e fulmini, sarei stato ben lieto di disinteressarmi dell’evento, come già feci quando il Cardinale Ratzinger venne in Teramo nella mia facoltà di allora e senza minimamente disturbare la celebrazione dell’evento: già allora ed ancora oggi non ritengo che il mio sapere si costruisca partendo da Ratzinger e si fondi su di lui. Non credo che possa venirmi imputata dell’ignoranza perché ritengo di conoscere tutto quello che Ratzinger possa dire: non sono d’accordo e non ne accetto i contenuti. Ho pieno diritto di svolgere il mio lavoro scientifico senza dover sottostare alle encicliche papale. Ho pieno diritto di seguire altre vie filosofiche da quelle indicate dal papa Ratzinger. Naturalmente, non contesto né l’ho mai fatto al papa di tenere le sue prediche ed i suoi discorsi, ma essi riguardano in prevalenza la comunità dei suoi fedeli: non sono fra questi! E non mi si puà chiedere di farne parte a forza. Era ciò che stava per avvenire alla Sapienza. Quanto agli Studenti che hanno un loro modo di esprimersi fatto soprattutto di gestualità contesto le accuse loro rivolte da Buttiglione: la loro non è stata una protesta violenta. A differenza delle persone mature che ascoltano e nascondono il loro eventuale dissenso, anche per timore di ritorsioni (vedi minaccia di non conferma della nomina a presidente del CNR per essere stati fra i 67 firmatari), gli studenti si esprimono con chiarezza e senza timore. È un loro diritto ed una loro virtù. Quanto poi al fatto che siano una sparuta minoranza, è argomento innazitutto da verificare ma in ogni caso trattasi di questione che non si decide con votazione di maggioranza:
et si omnes ego non! La mancata visita del papa alla Sapienza non è assolutamente un problema di libertà di pensiero e di parola.