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Tentiamo di fare un salto di livello nel nostro monitoraggio dell’ideologia sionista e dei suoi canali di trasmissione odierni. Cercheremo di vincere il senso di avversione e reazione morale che questa dottrina ci ispira via via che ne comprendiamo la natura, per assumere il costume che è proprio della scienza: sine ira et cum studio. Quanto a Sergio I. Minerbi non saprei direi se è il più rappresentativo sotto il profilo che qui cerchiamo di enucleare, cioè la teologia politica sionista. Dico “sionista” e non ebraica o giudaica, perché dopo una ripetuta lettura del libro di Rabkin siamo persuasi che giudaismo e sionismo o ebraismo siano altra cosa che è ben tenere distinta, pur potendosi fare una critica del giudaismo, che sostanzialmente coincide con la vecchia critica cattolica, quella preconciliare, per intenderci, ma che può essere una critica condotta anche da un punto di vista delle antiche religioni greco-romane, o genericamente dal punto di vista filosofico ovvero dal punto di vista di una religiosità non monoteistica. Poiché nessuno vive fuori dallo spazio e del tempo, crediamo che pur perseguendo doverosamente la maggiore obiettività possibile, non si possa uscire fuori dalla propria condizione umana.
Vers. 1.0/20.2.10
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Sommario: 1. Cristianizzazione della Shoah o non piuttosto ebraizzazione del cristianesimo? – 2. La questione dei profughi. –
1. Cristianizzazione della Shoah o non piuttosto ebraizzazione del cristianesimo? – Ero fino a questo momento vagamente consapevole del sorgere di un nuova religio che partendo da Auschwitz, non pià un fatto storico da indagare e studiare con gli ordinari strumenti della ricerca e della critica storica, ma un fatto metastorico con cui la figura del Cristo veniva fatto scendere dalla Croce ed al suo mosto veniva collocato un numero cabalistico: un 6 seguito da 6 zeri. Forse, se si considera questo significato iniziatico si comprende perché il numero delle vittime dei campi di concentramento non possa essere neppure lievemente diverso. Le legislazioni penali introdotte lobbisticamente in non pochi aesi fanno subito scattare sanzioni penali, quali più non si hanno da secoli per quelli che sono stati i dogmi della chiesa cattolica: verginità e assunzione in cielo di Maria, il Mistero della Trinità, la Divinità del Cristo, l’Ostia consacrata, e così via. Avevo interpretato il fenomeno come un’intrusione lobbistica dell’ebraismo nel corpo dottrinale del cattolicesimo e di una sua subordinazione alla Sinagoga. Se si disconosce il valore politico-religioso dell’evento Auschwitz, non si riesce a comprendere le periodiche persecuzione del Williamson di turno.
Adesso invece scopro in un’analisi di un esperto di parte ebraica o giudaica, Sergio I. Minerbi, un nome che ho letto altre volte, una diversa rappresentazione degli stessi fatti, un diverso angolo visuale. Intanto è sorprendente tanto interesse e tanto accanimento per quello che dovrebbe essere un fatto assolutamente interno alla chiesa cattolica: la proclamazione dei suoi santi. La cosa, a mio avviso, interessa assai poco agli stessi cattolici, dove è da distinguere una gamma assai ampia nell’oltre un miliardo di persone nominalmente di religione cattolica. Forse in realtà i cattolici praticanti, quelli per i quali la parola del papa ha quasi valore di un ordine sono assai pochi, pochissimi in realtà. Ciò spiegherebbe la debolezza della gerarchia cattolica e la sua vulnerabilità a pressioni scientificamente organizzate come quelle che vengono dalle lobbies ebraiche, che hanno già ampia esperienza nel controllo dei politici.
Gli ebrei, ma qui il nome pone qualche problema, sono dunque più interessati alla proclamazione dei santi cattolici che non gli stessi cattolici. È un fatto non difficile da verificare. E perché? Non è facile dirlo e non ho la pretesa di saperlo. Lascio in sospeso questo punto e vado invece a ciò che ha oggi attratto la mia attenzione. È per me insolita la visione che leggo in Minerbi secondo cui la chiesa cattolica si vorrebbe “appropriare” della Shoah, quasi un succulento affare politico-religioso. Non ho i numeri dei pellegrinaggi ad Auschwitz, ma credo possano competere o siano paragonabili ai tradizionali pellegrinaggi cattolici (Lourdes, Fatima, ecc.).
I punti che nel testo di Minerbi mi lasciano perplesso sono non pochi. Intanto, se in base ad un principio di ragionevolezza, si può ben comprendere che gli ebrei odierni non possono essere gli stessi autori materiali che circa 2000 anni fa uccisero il Cristo, non si capisce cosa resterebbe del cristianesimo se viene meno il dogma più religioso che non storico in senso proprio secondo cui Gesù Cristo fu messo in croce dagli ebrei. Il “mito” nella cultura greco-romana aveva un senso profondo e rispettabile che oggi non conserva più nel nostro linguaggio corrente e si rischia non poco quando si usa questo termine in relazione ad eventi della nostra epoca. E dunque il “mito” della morte in croce di Cristo per mano ebraica ha il suo più logico senso in quello di un “superamento” definitivo ed irreversibile del cristianesimo rispetto all’ebraismo. Come esiste un problema di tutela del consumatore, ne esiste uno analogo di tutela del credente, che non può essere preso per i fondelli, facendo oggi credere l’opposto di quello che ha sempre creduto e domani ancora il contrario.
Uno potrebbe anche non credere a nulla di tutto ciò: né a cristiani né agli ebrei. Ma purtroppo il ritorno alla bella religione che fu dei greci e dei romani è per sempre preclusa e non sembra più possibile. Gli dei antichi sono stati abbattuti senza nessuna pietà e nessun rispetto umano per i loro fedeli. Forse è stato quello il primo ed insuperato genocidio dell’umanità. L’abbattimento degli dei antichi con tutti i suoi fedeli, ancora oggi bollati come “idolatri” e senza nessun tribunale che ne riconosca e difenda i diritti. Anzi il loro unico diritto è il disprezzo che tutti gli altri,hanno l’obbligo di tributare loro. Sono questi i fedeli dell’Unico Dio che si contende la sua Unicità fra quanto credono che sia il loro il vero Dio Unico e che hanno così dato vita alla grande epoca dell’Intolleranza. Se il Dio che è Unico finisce per perdere di qualsiasi credibilità il nostro sarà un mondo senza nessuna parvenza di Dio, o meglio senza neppure la sua finzione che ancora si mantiene stancamente per forza di inerzia s oprattutto di una credulità popolare che non può certo innalzarsi ai sofismi della teologia. Forse il vero unico dio che regge il tutto si chiama Mammona. Togliete i danari e vedrete cosa resta.
Altra cosa curiosa che ha attratto la mia attenzione dell’esperto di parte ebraica, il citato Minerbi, è il rigetto di una distinzione per me alquanto ovvia: quella fra antisemitismo e antigiudaismo. Certamente non lecita la prima in quanto possa essere sinonimo di razzismo, persecuzione, discriminazione, salvo riuscire poi a stabilire chi siano i semiti in senso proprio. Io credo che siano soprattutto gli attuali palestinesi, che certamente non sono i più amati nella nostra epoca e che sperimentano un vero e proprio genocidio, che è in atto e è sotto i nostri occhi, intenti a guardare i genocidi che furono e non quelli che sono. L’amtigiudaismo è una critica religiosa assolutamente lecita. Se non posso più essere “pagano”, essendo stati abbattuti e distrutti tutti i luoghi di culto antichi, ed è sempre più difficile essere cattolici, di certo non vorrei trovarmi ebreo circonciso, anche se un noto politico ha già lanciato lo slogan: “siamo tutti ebrei”.
2. La questione dei profughi. – Abbiamo sbagliato probabilmente la scheda. Minerbi non è un teologo e vede le cose da un punto di vista pragmatico. Ciò che qui ci interessa di rilevare è la sua affermazioner, in risposta ad Arrigo Levi, secondo cui i profughi palestinesi se vogliono la pace come minimo devono dimenticarsi di un diritto al ritorno nelle loro case, da dove sono stati scacciati nel 1948. È allucinante questo modo perverso di ragionare – quello di Minerbi, che tiene banco, ma forse non più come prima, se un sionista come Arrigo Levi è addirittura giudicato una persona a cui si deve rispondere, ed è trattato con sufficienza, in quanto non si mette in dubbio che sia un “amico di Israele”, disscrimine di ogni criterio di eticità.
(segue)

Tentiamo di fare un salto di livello nel nostro monitoraggio dell’ideologia sionista e dei suoi canali di trasmissione odierni. Cercheremo di vincere il senso di avversione e reazione morale che questa dottrina ci ispira via via che ne comprendiamo la natura, per assumere il costume che è proprio della scienza: sine ira et cum studio. Quanto a Sergio I. Minerbi non saprei direi se è il più rappresentativo sotto il profilo che qui cerchiamo di enucleare, cioè la teologia politica sionista. Dico “sionista” e non ebraica o giudaica, perché dopo una ripetuta lettura del libro di Rabkin siamo persuasi che giudaismo e sionismo o ebraismo siano altra cosa che è ben tenere distinta, pur potendosi fare una critica del giudaismo, che sostanzialmente coincide con la vecchia critica cattolica, quella preconciliare, per intenderci, ma che può essere una critica condotta anche da un punto di vista delle antiche religioni greco-romane, o genericamente dal punto di vista filosofico ovvero dal punto di vista di una religiosità non monoteistica. Poiché nessuno vive fuori dallo spazio e del tempo, crediamo che pur perseguendo doverosamente la maggiore obiettività possibile, non si possa uscire fuori dalla propria condizione umana.
Vers. 1.0/20.2.10
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1. Cristianizzazione della Shoah o non piuttosto ebraizzazione del cristianesimo? – Ero fino a questo momento vagamente consapevole del sorgere di un nuova religio che partendo da Auschwitz, non pià un fatto storico da indagare e studiare con gli ordinari strumenti della ricerca e della critica storica, ma un fatto metastorico con cui la figura del Cristo veniva fatto scendere dalla Croce ed al suo mosto veniva collocato un numero cabalistico: un 6 seguito da 6 zeri. Forse, se si considera questo significato iniziatico si comprende perché il numero delle vittime dei campi di concentramento non possa essere neppure lievemente diverso. Le legislazioni penali introdotte lobbisticamente in non pochi aesi fanno subito scattare sanzioni penali, quali più non si hanno da secoli per quelli che sono stati i dogmi della chiesa cattolica: verginità e assunzione in cielo di Maria, il Mistero della Trinità, la Divinità del Cristo, l’Ostia consacrata, e così via. Avevo interpretato il fenomeno come un’intrusione lobbistica dell’ebraismo nel corpo dottrinale del cattolicesimo e di una sua subordinazione alla Sinagoga. Se si disconosce il valore politico-religioso dell’evento Auschwitz, non si riesce a comprendere le periodiche persecuzione del Williamson di turno.
Adesso invece scopro in un’analisi di un esperto di parte ebraica o giudaica, Sergio I. Minerbi, un nome che ho letto altre volte, una diversa rappresentazione degli stessi fatti, un diverso angolo visuale. Intanto è sorprendente tanto interesse e tanto accanimento per quello che dovrebbe essere un fatto assolutamente interno alla chiesa cattolica: la proclamazione dei suoi santi. La cosa, a mio avviso, interessa assai poco agli stessi cattolici, dove è da distinguere una gamma assai ampia nell’oltre un miliardo di persone nominalmente di religione cattolica. Forse in realtà i cattolici praticanti, quelli per i quali la parola del papa ha quasi valore di un ordine sono assai pochi, pochissimi in realtà. Ciò spiegherebbe la debolezza della gerarchia cattolica e la sua vulnerabilità a pressioni scientificamente organizzate come quelle che vengono dalle lobbies ebraiche, che hanno già ampia esperienza nel controllo dei politici.
Gli ebrei, ma qui il nome pone qualche problema, sono dunque più interessati alla proclamazione dei santi cattolici che non gli stessi cattolici. È un fatto non difficile da verificare. E perché? Non è facile dirlo e non ho la pretesa di saperlo. Lascio in sospeso questo punto e vado invece a ciò che ha oggi attratto la mia attenzione. È per me insolita la visione che leggo in Minerbi secondo cui la chiesa cattolica si vorrebbe “appropriare” della Shoah, quasi un succulento affare politico-religioso. Non ho i numeri dei pellegrinaggi ad Auschwitz, ma credo possano competere o siano paragonabili ai tradizionali pellegrinaggi cattolici (Lourdes, Fatima, ecc.).
I punti che nel testo di Minerbi mi lasciano perplesso sono non pochi. Intanto, se in base ad un principio di ragionevolezza, si può ben comprendere che gli ebrei odierni non possono essere gli stessi autori materiali che circa 2000 anni fa uccisero il Cristo, non si capisce cosa resterebbe del cristianesimo se viene meno il dogma più religioso che non storico in senso proprio secondo cui Gesù Cristo fu messo in croce dagli ebrei. Il “mito” nella cultura greco-romana aveva un senso profondo e rispettabile che oggi non conserva più nel nostro linguaggio corrente e si rischia non poco quando si usa questo termine in relazione ad eventi della nostra epoca. E dunque il “mito” della morte in croce di Cristo per mano ebraica ha il suo più logico senso in quello di un “superamento” definitivo ed irreversibile del cristianesimo rispetto all’ebraismo. Come esiste un problema di tutela del consumatore, ne esiste uno analogo di tutela del credente, che non può essere preso per i fondelli, facendo oggi credere l’opposto di quello che ha sempre creduto e domani ancora il contrario.
Uno potrebbe anche non credere a nulla di tutto ciò: né a cristiani né agli ebrei. Ma purtroppo il ritorno alla bella religione che fu dei greci e dei romani è per sempre preclusa e non sembra più possibile. Gli dei antichi sono stati abbattuti senza nessuna pietà e nessun rispetto umano per i loro fedeli. Forse è stato quello il primo ed insuperato genocidio dell’umanità. L’abbattimento degli dei antichi con tutti i suoi fedeli, ancora oggi bollati come “idolatri” e senza nessun tribunale che ne riconosca e difenda i diritti. Anzi il loro unico diritto è il disprezzo che tutti gli altri,hanno l’obbligo di tributare loro. Sono questi i fedeli dell’Unico Dio che si contende la sua Unicità fra quanto credono che sia il loro il vero Dio Unico e che hanno così dato vita alla grande epoca dell’Intolleranza. Se il Dio che è Unico finisce per perdere di qualsiasi credibilità il nostro sarà un mondo senza nessuna parvenza di Dio, o meglio senza neppure la sua finzione che ancora si mantiene stancamente per forza di inerzia s oprattutto di una credulità popolare che non può certo innalzarsi ai sofismi della teologia. Forse il vero unico dio che regge il tutto si chiama Mammona. Togliete i danari e vedrete cosa resta.
Altra cosa curiosa che ha attratto la mia attenzione dell’esperto di parte ebraica, il citato Minerbi, è il rigetto di una distinzione per me alquanto ovvia: quella fra antisemitismo e antigiudaismo. Certamente non lecita la prima in quanto possa essere sinonimo di razzismo, persecuzione, discriminazione, salvo riuscire poi a stabilire chi siano i semiti in senso proprio. Io credo che siano soprattutto gli attuali palestinesi, che certamente non sono i più amati nella nostra epoca e che sperimentano un vero e proprio genocidio, che è in atto e è sotto i nostri occhi, intenti a guardare i genocidi che furono e non quelli che sono. L’amtigiudaismo è una critica religiosa assolutamente lecita. Se non posso più essere “pagano”, essendo stati abbattuti e distrutti tutti i luoghi di culto antichi, ed è sempre più difficile essere cattolici, di certo non vorrei trovarmi ebreo circonciso, anche se un noto politico ha già lanciato lo slogan: “siamo tutti ebrei”.
2. La questione dei profughi. – Abbiamo sbagliato probabilmente la scheda. Minerbi non è un teologo e vede le cose da un punto di vista pragmatico. Ciò che qui ci interessa di rilevare è la sua affermazioner, in risposta ad Arrigo Levi, secondo cui i profughi palestinesi se vogliono la pace come minimo devono dimenticarsi di un diritto al ritorno nelle loro case, da dove sono stati scacciati nel 1948. È allucinante questo modo perverso di ragionare – quello di Minerbi, che tiene banco, ma forse non più come prima, se un sionista come Arrigo Levi è addirittura giudicato una persona a cui si deve rispondere, ed è trattato con sufficienza, in quanto non si mette in dubbio che sia un “amico di Israele”, disscrimine di ogni criterio di eticità.
(segue)